Il crollo della Germania frena il made in Italy
La presenza di due giornate lavorative in meno penalizza i numeri dell’export di marzo, con il made in Italy in discesa dell’8,9% a valore, del 10,3% in termini di volume. Rispetto al mese precedente, su base destagionalizzata, il calo è dell’1,7%, anche se interamente spiegato dalle commesse una-tantum di cantieristica navale registrate a febbraio, in assenza delle quali, spiega Istat, l’export risulta quasi stazionario (+0,2%).
La caduta è invece rilevante su base tendenziale, anche se è largamente spiegata dalla presenza di un calendario meno favorevole. Nella produzione industriale di marzo, dove l’Istituto di statistica rileva anche il dato depurato dagli effetti del calendario, è in effetti ampia la differenza tra il dato grezzo (-10,6%) e quello “depurato” (-3,5%): un analogo ragionamento si può fare per l’export “reale”, tenendo conto di un mese che ha visto solo 21 giornate lavorative, rispetto alle 23 di marzo 2023.
Fatta questa premessa, il bilancio non è comunque esaltante, in particolare per i mercati europei, dove la discesa è di oltre 12 punti, mentre nei mercati extra-Ue è solo di cinque.
Epicentro del problema è purtroppo la Germania, nostro primo mercato di sbocco estero, in calo nel mese del 16,5%, frenata rilevante anche al netto delle considerazioni di calendario. Vero è che nessun paese europeo presenta dati in crescita ma Berlno presenta comunque una performance da fondo-classifica.
In caduta libera verso Berlino è la filiera dei metalli, che perde quasi il 30%, così come accade per le automobili. Ma i cali a doppia cifra si verificano quasi ovunque, dai mobili all’abbigliamento, dalla gomma-plastica ai macchinari. A salvarsi solo l’alimentare, in frenata di pochi punti e la farmaceutica, unico comparto in crescita. Dall’inizio dell’anno il bilancio globale del paese si appesantisce, con una frenata che tra gennaio e marzo sfiora il 9%. Il che significa che rispetto allo stesso periodo del 2023 per le nostre imprese gli incassi dalla Germania si sono ridotti di 1,75 miliardi di euro.
Fonte: Il Sole 24 Ore