Uova, i consumatori non premiano quelle da allevamenti a terra

La teoria e la realtà. Si sta generando all’interno del settore agroalimentare un nuovo cortocircuito tra le richieste di una parte del mondo dei consumatori e le prerogative delle imprese. Come in tanti diversi ambiti della zootecnia dalla società civile, per il tramite delle associazioni animaliste, si stanno alzando sempre più forti le richieste di attenzione nei confronti del benessere animale. Richieste alle quali le imprese stanno rispondendo, in molti casi investendo risorse in tecnologie e innovazione, ma purtroppo, alla prova dei fatti, senza vedere questi investimenti riconosciuti dal mercato.

È quanto, ad esempio, sta accadendo in ben due diversi ambiti all’interno del settore avicolo. Uno è quello della forte spinta che si è generata per dismettere le gabbie e sostituirle con gli allevamenti a terra.

«Un percorso che il nostro settore sta portando avanti da anni – spiega il direttore di Assoavi (l’associazione dei produttori di uova) Stefano Gagliardi -. Non molti sanno che a oggi la quota di galline allevate in gabbia è scesa ad appena il 30% del totale. Con investimenti importanti da parte delle imprese. Si stima che il costo di conversione per capo per passare dalle gabbie all’allevamento a terra sia di circa 30 euro a capo. Se pensiamo che un allevamento medio piccolo ha oltre 50mila galline si può avere un’idea degli investimenti che sono stati messi in campo».

Ma a fronte di questi sforzi significativi le uova da allevamento a terra non sono premiate dal mercato. «Anzi – aggiunge Gagliardi – complice l’inflazione nell’ultimo anno i consumatori hanno privilegiato, in qualche caso ricercato, le uova da allevamento in gabbia che costano meno e che noi ormai dobbiamo in parte importare».

E un analogo cortocircuito rischia di prodursi anche per un altro tema che sta emergendo all’interno del settore avicolo quello relativo alla pratica innovativa del sessaggio in ovo. Una tecnologia sperimentata da diversi produttori in Europa sull’onda delle proteste animaliste per la soppressione di centinaia migliaia di pulcini maschi della linea uovo con appena qualche giorno di vita. Una pratica crudele per capi che non hanno alcuna possibilità di valorizzazione visto che non hanno alcun ruolo nella produzione di uova e sono troppo piccoli e poco sviluppati per essere convertiti nella linea di produzione delle carni avicole.

Fonte: Il Sole 24 Ore