Elezioni europee, sulla cultura non si facciano passi indietro

Nelle prossime settimane, circa 400 milioni di persone saranno chiamati alle urne per scegliere i propri rappresentanti al Parlamento Europeo; dei principali partiti candidati abbiamo analizzato i programmi politici per delineare quelli che potrebbero essere gli scenari in cui le imprese e i professionisti del settore culturale e creativo opereranno nei prossimi cinque anni. Dal Partito Europa Verde che integra il settore nel nuovo Green Deal, al Partito Popolare Europeo che promuove il diritto alla cultura come strumento di integrazione, dalla Sinistra Europea che chiede una maggiore integrazione delle posizioni femministe al Partito Democratico che, invece, vede vuole rafforzare il mercato dell’economia creativa; mancano invece capitoli ad hoc sia nel programma del Partito dei Socialisti Europei che nel manifesto dei Conservatori e Riformisti Europei, il quale vira sulla sovranità nazionale senza dettagliare piani specifici per le politiche culturali.
Insomma, seppur per retorica e mai prioritariamente, le questioni culturali stanno ricevendo un’attenzione politica senza precedenti. Si tratta di un importante cambio di passo, strettamente connesso agli sconvolgimenti geopolitici che stanno attraversano l’Europa e che richiedono l’identificazione di nuovi strumenti di diplomazia e cooperazione internazionale.

Già nel precedente mandato politico, infatti, si è registrato un crescente interesse da parte delle istituzioni europee, tradotto in un aumento significativo delle risorse nel bilancio pluriennale destinato al settore culturale, oltre che alla definizione di politiche ad hoc per i suoi mercati e i suoi professionisti che, secondo le ultime rilevazioni dell’Eurostat conta 7,7 milioni di occupati, pari a circa il 3,8% del totale europeo.

Le condizioni di lavoro degli artisti

La questione relativa alle condizioni di lavoro degli artisti è uno dei temi maggiormente affrontato dai partiti europei quando si tratta di cultura, incluso sia nel manifesto del Partito Europa Verde che dalla Sinistra Europea e dal Partito Democratico. Sebbene il tema non sia di certo nuovo, già nel 1980 l’Unesco aveva pubblicato in merito una Raccomandazione sulle condizioni degli artisti («Recommendation concerning the Status of the Artist: promoting the professional, social and economic rights of artists»), è sicuramente a seguito dell’emergenza da Covid-19 che l’Europa ha iniziato a prendere la questione sul serio quando, insomma, gli Stati Membri hanno fatto fatica ad inquadrare negli aiuti nazionali una classe di lavoratori di cui sapeva poco nulla.
Le proposte elettorali presentate si poggiano, infatti, sui risultati della ricerca “The status and working conditions of the artists and cultural and creative professionals” voluta dalla Commissione Europea nel Piano di lavoro dell’UE per la cultura 2019–2022 proprio con l’obiettivo di definire degli standard minimi comuni per migliorare le condizioni degli artisti attorno a quattro macro ambiti: il loro status legale, le politiche del lavoro e della fiscalità sulla mobilità transnazionale, i sistemi di sicurezza sociale, le competenze e la libertà artistica. Già nel precedente studio della Commissione Europea sul tema (2020), la precarietà emergeva come una caratteristica distintiva del settore dove modelli standard di impiego lasciavano spazio a forme di ingaggio precarie, se non informali, che spesso celano forme autorizzate di sfruttamento dove si è costretti a portare avanti doppi se non tripli lavori. Un altro elemento caratterizzante il lavoro culturale riguarda, infatti, l’altissima presenza di freelance; secondo gli ultimi dati dell’Eurostat, la percentuale di lavoratori culturali autonomi è considerevolmente più alta (32%) rispetto all’occupazione totale nell’economia (14%), lavoratori che da soli hanno un bassissimo potere d’acquisto anche a causa della mancanza di associazioni professionali di tutela della categoria.
Un ulteriore limitazione riguarda l’ascesa delle piattaforme digitali e la difficoltà di monetizzazione che ne deriva per i creativi. In tal senso, ci si auspica che la recente Direttiva (UE) 2019/790 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale rafforzi la posizione dei creatori. Insomma, nonostante molte sfide sollevate dal rapporto richiedano un intervento politico a livello nazionale, risulta evidente la necessità di definire un quadro normativo d’indirizzo europeo al fine di incoraggiare gli Stati membri ad adottare misure adattate alle specificità degli artisti.

Museo Digitale della Cultura Europea

Un tema peculiare è stato proposto dal Partito Popolare Europeo che, nel proprio manifesto, sostiene la realizzazione di un Museo Digitale per il rafforzamento di un’identità comune europea. A tal proposito, andrebbe ricordato l’ingente investimento che l’Unione Europea ha effettuato attraverso il programma «Connecting Europe Facility» per lo sviluppo di Europeana, la biblioteca digitale europea che riunisce già i contributi digitalizzati dalle istituzioni dei 27 Paesi. La piattaforma, lanciata dalla Commissione Europea il 20 novembre 2008 che la finanzia con un contributo annuale di 6,5 milioni di euro, attualmente fornisce l’accesso a oltre 58 milioni di registri digitali del patrimonio culturale (libri, film, dipinti, giornali, archivi sonori, mappe, manoscritti ed archivi), provenienti da oltre 3.600 istituzioni e organizzazioni culturali. Peraltro lo scorso 30 aprile, Europeana ha lanciato il nuovo «European Space for Cultural Heritage», pubblicando i risultati di “Twin it! 3D for Europe’s culture”, la campagna che invitava i 27 Ministeri della Cultura dell’UE a selezionare e inviare beni del patrimonio culturale digitalizzato in 3D. Si tratta di un’iniziativa finanziata nell’ambito del programma Europa Digitale con un investimento da 4 milioni di euro e annunciata nel 2021 dalla raccomandazione C (2021) 7953 con la quale la Commissione incoraggiava gli stati membri a digitalizzare entro il 2030 i monumenti e i siti a rischio degrado. Anche lo European Cultural Heritage Cloud, che entro il 2024 riceverà un investimento di circa 110 milioni di euro attraverso le call del programma Horizon Europe, concorrerà a rafforzare i collegamenti tra le istituzioni e i professionisti del patrimonio culturale in tutta l’UE, promuovendo la collaborazione e l’innovazione nella digitalizzazione, nello studio e nella conservazione dei beni del patrimonio culturale.

Il 2% del Cultural Deal

I manifesti della Sinistra Europea e dal Partito Democratico recuperano il Cultural Deal for Europe ovvero l’iniziativa lanciata nel novembre 2020 da Culture Action Europe, la European Cultural Foundation ed Europa Nostra in occasione della contrattazione finanziaria sui Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR). L’esortazione era di destinare almeno il 2% del Fondo al settore culturale e creativo, con l’obiettivo di trasformarlo in uno strumento strategico nell’utilizzo dei fondi del Next Generation EU. La proposta, che avrebbe mobilitato 12 miliardi di euro in tutta Europa per il periodo 2021-2026, non è mai stata accolta. Tuttavia, è stata rilanciata in occasione delle elezioni europee dagli stessi enti proponenti attraverso una lettera aperta. Oltre all’obiettivo del 2%, la lettera chiede un maggiore controllo delle aree di mercato in cui opera il settore culturale e creativo.

Fonte: Il Sole 24 Ore