Affitti brevi, ok alla banca dati unica. Sperimentazione dal 3 giugno in Puglia
Una garanzia di trasparenza per gli utenti e un’arma più efficace per il contrasto al sommerso. Il Codice identificativo nazionale per gli affitti brevi si mette in moto. Ieri è arrivato il parere favorevole della Conferenza Stato-Regioni sullo schema di decreto in materia di interoperabilità della Banca dati nazionale delle strutture ricettive e degli immobili in locazione breve e per finalità turistica (Bdsr). Si sblocca, così, una partita ferma da anni (già i precedenti Governi ci avevano provato più volte) e rilanciata nei mesi scorsi con il decreto Anticipi, collegato alla legge di Bilancio 2024.
Il Codice identificativo nazionale (Cin)
L’obiettivo della novità è arrivare a richiedere alla Banca dati unica un Codice identificativo nazionale (Cin), da utilizzare per la pubblicazione degli annunci e per l’esposizione all’esterno delle strutture ricettive e degli immobili in locazione breve o turistica. Sotto la lente ci sono oltre 500mila affitti: sono, infatti, tante le abitazioni che, secondo i dati Aigab, vengono pubblicizzate attualmente online in tutta Italia per le locazioni brevi e che ora saranno obbligate a dotarsi di un codice identificativo. Per arrivare al Cin, però, sarà necessario passare da una fase intermedia e sperimentale, dal momento che già oggi quasi tutte le Regioni hanno una loro banca dati. In questa fase sarà sviluppata l’interoperabilità tra i diversi software.
La novità di ieri è che la fase sperimentale partirà da subito. Inizierà, infatti, con la Puglia dalle ore 9 di lunedì prossimo, il 3 giugno. Nelle settimane successive, sul sito del ministero, sarà comunicata l’attivazione della piattaforma per le altre Regioni e Province autonome.
«La Banca dati delle strutture ricettive – spiega il ministro del Turismo, Daniela Santanchè – è frutto di un importante lavoro tecnico condotto e coordinato dal ministero e portato avanti in maniera sinergica e condivisa con Regioni e Province autonome». Con questa piattaforma, basata sul modello di interoperabilità, «dotiamo finalmente – dice ancora il ministro – il sistema ricettivo e l’industria turistica di uno strumento di contrasto all’abusivismo e di tutela del consumatore»
L’ultimo tassello entro il 1° settembre 2024
La sperimentazione costituisce solo l’avvio del processo disegnato dal decreto. Già nelle scorse settimane, infatti, il ministero aveva spiegato di voler pubblicare il provvedimento entro il 1° settembre. Si tratta di un passaggio rilevante, perché dalla pubblicazione del testo scatteranno i 60 giorni per la piena entrata in vigore del nuovo sistema, con l’applicazione delle sanzioni. Chi propone in locazione una struttura senza codice identificativo rischierà una multa tra 800 e 8mila euro. Chi non utilizza il codice all’interno degli annunci rischierà una sanzione tra 500 e 5mila euro. Scatterà, poi, anche l’obbligo di dotarsi di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e di monossido di carbonio, oltre che di estintori portatili. In questo caso la sanzione per eventuali mancanze (fino a 6mila euro) scatterà solo per chi esercita l’attività turistica in forma imprenditoriale.
Le reazioni
Positive le reazioni: «Con l’avvio della Banca dati delle strutture ricettive e il rilascio del Codice identificativo nazionale (Cin) il settore si doterà di uno strumento di trasparenza dell’offerta a tutela delle imprese e dei consumatori», dice Maria Carmela Colaiacovo, presidente dell’Associazione italiana Confindustria Alberghi. Aigab, l’associazione italiana affitti brevi valuta «con favore l’avvio di una fase di test graduale sull’implementazione della banca dati». Per il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, l’iniziativa diomstra «che si sta procedendo nella direzione giusta».
L’interoperabilità
Nella prima fase le Regioni invieranno alla banca dati nazionale un set di dati minimi necessari all’identificazione della struttura. Sarà la base per la creazione dell’archivio nazionale. A corredo di questi, le Regioni potranno trasmettere altri dati. Si arriverà, così, all’interoperabilità. Chiusa questa fase, i titolari delle strutture che avevano già dei codici regionali potranno effettuare l’accesso alla piattaforma tramite Spid. Potranno, a quel punto, visualizzare le strutture collegate al codice fiscale, integrando gli eventuali dati mancanti, e ottenere il Cin. Chi non ha il codice potrà effettuare la richiesta da zero.I titolari e i gestori di strutture che hanno effettuato le comunicazioni previste per legge ma non riescono a individuare nella banca dati il proprio immobile o non riescono ad accedere al database in quanto soggetti non abilitati sono tenuti a segnalarlo alle Regioni e alle Province autonome competenti, attraverso una procedura telematica prevista dal sistema operativo.
Fonte: Il Sole 24 Ore