L’allarme dei salumifici: i prezzi della carne di maiale ai massimi storici

Non bastavano i danni da peste suina, con tutto quello che comportano in termini di rallentamento dell’export extra-Ue. Ora ci si è messa anche l’impennata dei prezzi della carne di maiale. «Abbiamo raggiunto i valori più elevati mai registrati nella storia del nostro settore», denuncia Lorenzo Beretta, che ieri l’assemblea annuale di Assica ha eletto come nuovo presidente dei salumieri italiani. «La diffusione della peste suina stessa ha contribuito a ostacolare la ripresa della produzione suinicola nazionale, comprimendo l’offerta di carne disponibile e spingendo verso l’alto i prezzi. I rincari sono andati avanti per tutto il 2023, a causa della bassa offerta di carni di maiale in Italia e in Europa».

Questi non sono però gli unici aumenti che preoccupano le imprese del settore: «I costi di produzione – spiega Beretta – sono cresciuti anche per colpa dei tassi di interesse, del rinnovo del contratti di lavoro e dell’energia, le cui quotazioni, seppur diminuite, non sono ancora tornate ai livelli antecedenti al 2022».

L’ipotesi invece che Pechino colpisca l’Unione europea con dazi sulla carne di maiale, in risposta ai dazi europei sulle auto elettriche, per un volta non danneggia il made in Italy: «La Cina – ricorda Beretta – per noi è un mercato chiuso dal gennaio del 2022, da quando cioè la peste suina è stata riscontrata per la prima volta nel nostro Paese. Da allora, nè salumi nè carne di maiale italiana possono essere esportati. Questo vale anche per i prodotti tedeschi, poiché il morbo è diffuso anche in Germania». Un eventuale dazio ritorsivo da parte di Pechino, dunque, colpirebbe solo una parte dell’Unione europea: Spagna e Danimarca soprattutto, ma in parte anche la Francia e l’Olanda.

In Italia le imprese che fanno capo ad Assica valgono 9,5 miliardi di euro in termini di ricavi. Ma se il fatturato 2023 risulta in crescita del 6,6%, altrettanto non può dirsi della produzione, che ha segnato un aumento soltanto dello 0,7%. Il 2023 ha visto anche salire le esportazioni dei salumi made in Italy del 6,2% in volumi, per un totale di oltre 2,1 miliardi di euro, ma si tratta di un dato complessivo: se infatti le vendite verso i mercati Ue sono aumentate, quelle verso Usa, Gran Bretagna e Canada sono scese. Un calo, questo, su cui ora si sono innestate anche le restrizioni all’export dovute alla diffusione della peste suina. In particolare, da quando ad aprile sono state ritrovate le prime carcasse di cinghiali infetti sulle colline parmensi, per la prima volta alcune aree di produzione della Dop Crudo di Parma sono finite sotto la Zona di restrizione 2, che comporta il blocco delle esportazioni verso Paesi come il Canada, il Giappone e, per i prodotti meno stagionati, anche verso gli Stati Uniti.

La situazione internazionale resta ancora molto complessa. «Con il Canada – spiega il neopresidente Beretta – stiamo facendo dei passi in avanti nelle trattative per riammettere nel Paese i prodotti italiani e spero che entro la fine dell’estate porteremo a casa buone notizie». Anche da parte del Giappone si registrano aperture: «Abbiamo ricominciato ad esportare a Tokyo i primi prosciutti cotti, prima era tutto fermo», ricorda Beretta.

Fonte: Il Sole 24 Ore