La bioeconomia ha generato un valore di 437,5 miliardi di euro nel 2023

L’inarrestabile crescita della bioeconomia trascina l’innovazione attraverso settori che vanno dalla chimica fino alla lunga filiera dell’agroalimentare. Il segnale più evidente sta forse nelle 808 start up innovative che sono state censite nel 2023 e che sono pari al 6,6% del totale delle imprese iscritte all’apposito registro. La maggior parte è concentrata nell’ambito della R&S (45%), seguita dall’agri-food (25%), come spiega il rapporto “La bioeconomia in Europa”, realizzato dal Research department di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il cluster Spring e Assobiotec Federchimica, a cui quest’anno ha contribuito anche Cosmetica Italia (sempre nell’ambito di Federchimica). I dati del rapporto dicono che nel 2023 l’insieme delle attività connesse alla bioeconomia, in Italia, ha generato un valore della produzione pari a 437,5 miliardi di euro, 9,3 miliardi in più rispetto al 2022, occupando circa due milioni di persone. Il perimetro dell’analisi include sia settori a monte della catena produttiva, tra cui l’agricoltura, la silvicoltura e la pesca, così come l’industria del legno, della carta, della chimica, della gomma-plastica, sia settori a valle come l’alimentare, l’abbigliamento, i mobili e la farmaceutica. Nella bioeconomia sono inoltre inclusi anche bioenergia, biocarburanti, ciclo idrico e in una logica di chiusura del cerchio e di economia circolare sono stati inseriti anche i rifiuti.

Nei dati del rapporto che è arrivato alla decima edizione e verrà presentato oggi a Ravenna è contenuto anche un confronto internazionale secondo cui, considerando Francia, Germania, Spagna e Italia, la bioeconomia vale 1.751 miliardi di euro e rappresenta l’8,4% del totale dell’economia. La maggiore incidenza si ha in Spagna con l’11% e in Italia con il 10%. Stefania Trenti, Head Industry & Local Economies Research di Intesa Sanpaolo spiega che «i dati mostrano un forte interesse nei confronti dell’ampio e diversificato insieme di attività che utilizzano risorse biologiche rinnovabili. Secondo la Fao sono 21 i Paesi, che rappresentano il 65% del Pil mondiale, dotati di una strategia ad hoc per lo sviluppo sostenibile delle filiere bio-based, l’Italia è fra questi. Le politiche pubbliche sono fondamentali per sostenere e valorizzare gli investimenti delle imprese, sempre più orientati alla transizione verso modelli di produzione e consumo più attenti all’ambiente».

Dopo il boom del 2022, attribuibile al forte incremento dei prezzi dovuto al conflitto russo-ucraino, nel 2023 è proseguita la crescita della bioeconomia, su ritmi di sviluppo però più contenuti, con una variazione del +0,2% dell’output dei 4 paesi Ue e con risultati diversi tra paesi. Indicazioni migliori arrivano da Spagna, Francia e Italia, mentre risulta in calo la Germania. Nel confronto con il 2021, Italia e Francia hanno avuto le migliori performance, con un incremento superiore al 20% del valore della produzione.

Se c’è una filiera che ha un ruolo centrale nella bioeconomia, questa è quella agro-alimentare che pesa oltre il 76% in Spagna e Francia, il 63% circa in Italia ed il 61% in Germania ed è sempre più protagonista del percorso di transizione verso una maggiore sostenibilità dei processi. La tecnologia rappresenta un fattore fondamentale anche in questo settore: le imprese italiane dell’alimentare, che sono mediamente più piccole rispetto ai competitor europei, hanno una quota molto elevata di innovazioni di prodotto, pari al 20%, contro una media UE27 del 12%. Così come di processo, dove l’Italia, con il 36%, stacca i principali competitors di oltre 15 punti percentuali.

Dati che per Elena Sgaravatti, vicepresidente Assobiotec Federchimica, sono il segno del dinamismo di un settore che sta catturando molta attenzione: «Guardiamo con fiducia al rinnovato interesse per il comparto biotech da parte della politica nazionale e comunitaria. Certamente una prospettiva incoraggiante sulla quale è oggi necessario innestare azioni concrete. E una nuova regolamentazione delle biosoluzioni per un più rapido accesso ad esse, in Europa può rappresentare un primo importante passo in questa direzione».

Fonte: Il Sole 24 Ore