Pensioni, ecco quanto «l’integrativa» può aiutare gli assegni dei millennials
Il 7,7% in più nel 2030, il 9,3% nel 2040 e nuovamente il 7,7% nel 2070. Tanto aumenterebbe per i lavoratori dipendenti privati il tasso di sostituzione al lordo della tassazione, ovvero il rapporto tra la prima pensione ricevuta e l’ultima retribuzione, con un apporto prolungato e continuativo della previdenza complementare. Per gli “autonomi” la crescita sarebbe del 7,7% nel 2030, del 10,2% nel 2040 e dell’8,5% nel 2070.
La stima è contenuta nell’ultimo rapporto della Ragioneria generale dello Stato sulle tendenze di medio-lungo periodo della spesa pensionistica, partendo dalla cosiddetta “ipotesi base”. I tecnici del Mef fanno notare che confrontando i valori del 2010 e del 2070, «si evidenzia», anche per effetto dell’inverno demografico e dell’andata a regime del metodo di calcolo contributivo, «un decremento di 7,1 punti percentuali, per i dipendenti privati, e di 16,6 punti percentuali, per gli autonomi», sempre al lordo. Senza il “soccorso” della previdenza integrativa, le riduzioni (con la sola previdenza obbligatoria) sarebbero state, rispettivamente, di 14,8 e 25,1 punti percentuali. E un effetto analogo, si afferma nel dossier, si produce sui tassi di sostituzione netti: nel 2070, i dipendenti privati dovrebbero raggiungere «un valore pari al 76,5%, rispetto al 66,3% della sola previdenza obbligatoria. Per i lavoratori autonomi, i valori corrispondenti sono 85% e 67,7%».
In altre parole, in mancanza del concorso di una “forma integrativa”, tra 45 anni l’importo netto della pensione di un ventenne di oggi, anche in presenza di una carriera non discontinua, si fermerebbe a poco più del 66% dell’ultimo stipendio nel caso di un lavoratore dipendente privato e del 67% dell’ultimo reddito per un lavoratore autonomo. Non a caso nel dossier si sottolinea che «il contributo della previdenza integrativa permette di mitigare ulteriormente il contenimento dei benefici pensionistici derivante dall’introduzione del calcolo contributivo».
Il tasso di sostituzione
Il tasso di sostituzione rappresenta il rapporto percentuale tra la prima annualità completa della pensione e l’ultimo reddito annuo completo immediatamente precedente il pensionamento. Il tasso di sostituzione può essere calcolato al lordo o al netto della tassazione su pensione e retribuzione.
L’ipotesi base della Ragioneria
La simulazione della Ragioneria nel caso dei lavoratori privati parte da una “ipotesi base” ottenuta «modulando opportunamente il caso tipo dei lavoratori assunti prima del 31 dicembre 1995, assoggettati al regime misto e, in linea con il graduale passaggio al sistema contributivo, a partire dal 2040, il caso dei lavoratori assunti dopo il 31 dicembre 1995 per i quali invece il requisito minimo per il collocamento a riposo si presenta con tre anni di anticipo rispetto al pensionamento di vecchiaia». In questo modo la simulazione viene calibrata sui tre attuali regimi per l’accesso alla previdenza obbligatoria: pensionamento di vecchiaia con requisito contributivo parametrato all’evoluzione dell’età di pensionamento; pensionamento anticipato, fino a tre anni, previsto nel regime contributivo; pensionamento anticipato con il canale di sola anzianità contributiva, indipendente dall’età anagrafica. Il tutto partendo dalle regole di pensionamento ora in vigore e tenendo conto delle previsioni legate alla speranza di vita. Sul versante del lavoro autonomo, «le età di accesso al pensionamento, che configurano l’ipotesi base, sono state assunte – afferma la Ragioneria – pari al requisito minimo di vecchiaia in tutti e tre i regimi».
Fonte: Il Sole 24 Ore