La Svizzera umilia l’Italia 2-0, azzurri fuori da Euro 2024
Berlino – Altro che notti magiche e il trionfo mondiale di Berlino 2006. Stavolta non basta evocare dolci ricordi e rimembrare i vincenti tempi andati. Stavolta dall’Olympiastadion si torna mestamente a casa, ed è pure giusto così, per un’Italia in cui abbiamo voluto credere fino alla fine ma che proprio nell’occasione decisiva offre la peggiore versione di questa avventura spallettiana, piena di difficoltà, giustificazioni, lampi e ombre. Randellati dalla Svizzera (squadra solida, ma mica il Brasile…), chiudiamo l’Europeo senza certezze e il morale sotto i tacchi. Dominati fisicamente, tecnicamente e psicologicamente dagli uomini di Yakin, gli azzurri escono dal torneo continentale senza aver mai dato l’idea di poter davvero giocarsela per difendere quel titolo conquistato appena tre anni fa a Wembley. Ma nel calcio (e per una Nazionale che ha vissuto anche il traumatico addio di Roberto Mancini) tre stagioni sono un’eternità, e nulla come la notte stavolta amara dell’Olympiastadion ce lo ha fatto ricordare.
Nessuna sorpresa – Stavolta giuste le previsioni della vigilia. Out Di Marco acciaccato e Calafiori squalificato, Spalletti vara un 4-3-3 molto duttile, con Donnarumma in porta, protetto al centro da Bastoni e Mancini, e sui lati Di Lorenzo e Darmian; a centrocampo scudieri della sorpresa Fagioli sono i due campioni d’Europa in carica Cristante e Barella, capaci in caso (ed è una mossa che è quasi una citazione manciniana) di sobbarcarsi pure il peso della regia in aiuto allo juventino; davanti di nuovo fiducia a Scamacca, con Chiesa ed El Shaarawi esterni, ma col romanista pronto a sdoppiarsi anche in fase di copertura. Yakin conferma in blocco la squadra che molto bene ha fatto nella fase a gironi. Embolo sarà il terminale offensivo supportato da Rieder e Vargas. I ‘bolognesi’ Aebischer e Ndoye sulle corsie per dare spinta a una squadra comunque molto offensiva.
Inizio rossocrociato – Gli uomini di Yakin prendono subito il controllo delle operazioni, trovando un paio di spunti sulla sinistra col torinista Rodriguez; Barella prende una botta dietro la coscia sinistra, ma stringe i denti; facciamo fatica a distenderci, accartocciati sulla nostra trequarti. Una giravolta a centrocampo, un filtrante e un lancio in profondità di Fagioli ci scuotono dal torpore dopo un quarto d’ora. E al 22mo come un lampo, l’ennesimo miracolo di San Donnarumma: Aebischer lancia in profondità Embolo, Gigio lo strega e respinge il destro a botta sicura! Chiesa ribatte subito con uno slalom contrato in angolo, ma il torpore azzurro continua, mentre nel cielo di Berlino il sole caldo e accecante viene oscurato dalle nuvole.
Fulmine bolognese – Gesticola, urla, poi s’avvicina alla panchina, poi torna verso il bordocampo. Non può che essere almeno pensieroso, Luciano Spalletti, davanti alla sua Italia impantanata nell’erba dell’Olympiastadion manco fosse un’amazzonica palude. E al 37mo ecco il meritato vantaggio elvetico con Vargas che da sinistra imbecca Freuler a centro area, da dove il bolognese ex atalantino non lascia scampo, stavolta, a Donnarumma, senza che Mancini riesca a contrastarlo. Uno a zero più che giusto per gli uomini di Yakin, ma di fronte al nulla azzurro è pure difficile quantificare i loro effettivi meriti. E meno male che San Gigio smanaccia sul palo e quindi in angolo una punizione velenosa di Rieder. Il fischio di Marciniak che chiude il primo tempo arriva come la fine di un supplizio, e quindi ha inconsciamente almeno qualcosa di liberatorio, l’unico piacere (se così si può dire) provato sinora all’Olympiastadion.
Trauma – Ma il peggio doveva ancora arrivare, e si materializzava nel destro a giro di Ruben Vargas, che appena all’alba della ripresa, griffava il 2 a 0 elvetico, quando Zaccagni, l’eroe del pareggio-qualificazione con la Croazia era appena sbucato dal sottopasso al posto di El Shaarawi. Un trauma, così come grottesco è il fatto che sfioriamo pure il gol, ma solo grazie a un’inzuccata di… Schär, che involontariamente colpisce il palo alla sinistra di Sommer, che finora non s’è neanche sporcato i guanti. Spalletti prova ad affiancare Retegui a Scamacca, ma di due centravanti non riusciamo a farne uno. Il paolo di Scamacca da un metro su spizzata di testa di Zaccagni è l’emblema del fallimento. Nessuna scommessa del ct azzurro ha pagato i dividendi ipotizzati. I ragazzi di Yakin ne hanno semplicemente di più, di gambe, di idee, di voglia. Vanno avanti loro, con pieno merito. Noi, dal tetto d’Europa precipitiamo nell’abisso dei nostri errori, dei nostri limiti da cui pure in qualche modo bisognerà tirarsi fuori al più presto.
Fonte: Il Sole 24 Ore