Dal Cin: «Il vino dealcolato è un’opportunità ma avrà una data di scadenza»

Il grande fascino del vino è legato anche ad alcuni paradossi che attraversano il settore. Ad esempio, dopo anni spesi a inseguire il biologico e il naturale, ora, la frontiera più promettente appare il vino dealcolato. Un prodotto dal quale si sottrae una delle componenti chiave, l’alcol, che si sviluppa naturalmente mediante la fermentazione del frutto. Tuttavia, il vino dealcolato, rappresenta una grande opportunità perché può avvicinare al settore vino fette di popolazione che per motivi religiosi o salutistici (diabetici, soggetti allergici) ne sono rimaste distanti.

Ne è convinto Marzio Dal Cin, presidente della Dal Cin, azienda leader nei prodotti per l’enologia che oggi conta un giro d’affari di 21,4 milioni di euro (5,2 di Ebitda), realizzato per circa un terzo all’estero, due stabilimenti uno a Concorezzo (Monza-Brianza) e l’altro a Foggia. «Dagli inizi nel ‘49 fino agli anni 80-90 – spiega Dal Cin – la nostra funzione era curativa: si cercava di correggere in cantina i difetti dell’uva, del mosto e del vino. Poi la nostra mission è diventata preventiva. I difetti si punta a prevenirli e anche con il lavoro fatto nel vigneto».

In anni recenti si è parlato tanto di vino biologico e naturale.

Io ho studiato dai Salesiani dove mi hanno insegnato che il vino è frutto della vite e del lavoro dell’uomo. È un prodotto che viene dalla natura e quindi è soggetto alla decomposizione. Occorre l’intervento dell’uomo per stabilizzare e rendere appetibile questa sostanza. E bisogna intervenire per evitare problemi rischiosi per l’uomo.

Del tipo?Ci sono malattie che attaccano la vite che generano tossine e che possono poi finire nel prodotto finale. Il vino può essere attaccato da lieviti e batteri oltre che da microorganismi e muffe. Aspetti che è possibile contrastare mediante processi di chiarificazione, filtrazione e stabilizzazione.

Fonte: Il Sole 24 Ore