La parabola di Natoli, dal pool antimafia all’accusa di aver favorito Cosa nostra

Ricordi sul tavolo

Già, perché Lama, il 18 gennaio 2024 è stato chiamato proprio dalla Commissione antimafia a rispolverare i ricordi su quel filone toscano che aveva legami con la Sicilia. «Il fascicolo – ricostruisce Lama – era stato trasmesso per competenza alla procura di Palermo e che notizie del fatto furono inviate anche a Lucca e, mi sembra, a Roma o a Firenze. Viceversa, e qui torniamo agli accertamenti che ho fatto io, naturalmente dietro regolare richiesta scritta, ho potuto avere accesso ai brogliacci. Allora ovviamente non c’era ancora l’informatizzazione dei registri, quindi era fatto tutto a mano. Io mi astenni il 15 febbraio dell’anno 1992, quindi non ho saputo anzitutto l’esito che avevano avuto le intercettazioni telefoniche che invece aveva disposto il collega Natoli presso la procura di Palermo. Ho potuto poi accertare, sia tramite gli atti che ha trovato Angeloni sia tramite quelli che mi ha mandato l’avvocato Trizzino, che il collega, dopo una iniziale proroga di indagini, aveva effettivamente intercettato tutta una serie di utenze telefoniche rispetto alle quali però, come da un rapporto finale della Guardia di finanza del 26 marzo 1992, pur riscontrando tutti gli intrecci e i collegamenti societari di cui ho parlato, quindi il controllo di Calcestruzzi Ravenna e delle due società e la riconduzione delle società a tutti quei personaggi di cui ho parlato prima, non era riuscito a trovare elementi di prova che in qualche modo dimostrassero che dietro questi collegamenti societari vi fosse un vero e proprio sodalizio mafioso. Questa informativa è del 26 marzo 1992».

Quindi un primo dato è che Natoli – secondo questa ricostruzione – non aveva trovato elementi e Lama non sa «se poi il collega Natoli ebbe a trasmettere qualcosa, ma io a quel punto non avevo più nessun accesso e nessun rapporto con gli atti. A seguito di questo, il collega chiese e ottenne dal Gip presso la procura di Palermo, nel giugno del 1992, l’archiviazione del fascicolo 3589/91 che aveva aperto a carico di Bonura».

La smagnetizzazione

Poco dopo Lama chiarisce – su richiesta dei commissari antimafia – il discorso relativo alla smagnetizzazione, e dunque inutilizzabilità, delle intercettazioni. Lama mette i suoi puntini sulle “i”: «Qui chiaramente si tratta di un errore perché, come abbiamo visto, il fascicolo a Palermo non c’è mai stato, e quindi l’archiviazione riguardava il fascicolo 3589/91, quello che era stato gestito dal collega Natoli, e le smagnetizzazioni, che poi sembra non siano avvenute, riguardavano le intercettazioni che aveva disposto quell’ufficio e non quello di Massa Carrara. Come ripeto, non sono in grado di dirvi purtroppo che fine abbia fatto il mio fascicolo perché, a quanto ho saputo, è poi finito al Tribunale di Roma».

Lama racconta molto altro e sottolinea che tra gennaio e febbraio 1993 l’allora procuratore di Palermo, Giancarlo Caselli, chiese la riapertura delle indagini a carico di Buscemi e degli altri. A seguito di questo Buscemi fu sottoposto ad arresto e fu condannato con sentenza irrevocabile nel 1996, mentre il 2 luglio 2002, quando andò a sentenza il complesso dei rapporti con la Calcestruzzi, in cui alcuni dirigenti, Buscemi fu dichiarato non procedibile per ne bis in idem essendo già stato condannato.

Cointeressenze societarie

«Quello che avevo scoperto – continua Lama – è che c’erano cointeressenze societarie che apparivano estremamente sospette. Non sapevo nulla all’epoca del nascente rapporto del Ros e di quello che poi si è saputo in quegli anni e che aveva interessato anche il collega Borsellino con i rapporti difficili con il procuratore Giammanco. È chiaro che se io avessi avuto ancora la titolarità del fascicolo avrei sicuramente proceduto anch’io a delle iscrizioni e avrei sicuramente approfondito le indagini prendendo contatti con il collega Natoli. Al momento, sapevo solo che il collega Natoli aveva sottoposto ad ascolto con intercettazioni telefoniche, però non avevo contezza del loro esito. Se avessi avuto ancora il fascicolo sicuramente avrei approfondito. All’epoca io mi muovevo molto, già altre volte ero andato a Palermo per prendere contatti. Credevo molto nel contatto diretto con il collega, quindi sarei andato a Palermo per collaborare. Mi rammarico quanto al fatto della trasmissione degli atti a Lucca, su cui ho già detto, formalmente corretta, ma nel momento in cui si ipotizza un 416-bis, mi è sembrata una lettura molto sminuente, molto formale e limitata agli aspetti societari della vicenda. Mi ha rammaricato molto perché penso che se tutto il fascicolo, comprese le famose bobine delle intercettazioni telefoniche, le nostre, che, non tanto, ma qualcosa avevano detto, fossero state mandate a Palermo, probabilmente non ci sarebbe stata l’archiviazione del giugno 1992 e forse ci sarebbe stata una prosecuzione di indagine che, incartate le dichiarazioni di Leonardo Messina, poteva aprire la via poi a quelle che furono le dichiarazioni. Ho letto in questo atto della procura di Caltanissetta le dichiarazioni di Siino e le dichiarazioni di Giovanni Brusca che invece aprono tutto uno scenario che naturalmente non potevo conoscere ma che avevo intuito, perché una grande azienda come questa che si mette a fare tali operazioni, mi suonava molto strano».

Fonte: Il Sole 24 Ore