Il gin corre ancora in Italia e sogna il sorpasso di rum, whisky e vodka

Tra botaniche regionali, brand artigianali e ritorno alla purezza il gin prosegue la sua crescita, trainato dal segmento premium. Con un valore di mercato globale stimato da Grand View Research a oltre 20 miliardi di dollari nel 2023 e un tasso annuale composto (Cagr) di crescita del 7% fino al 2028, il distillato ottenuto dal ginepro è ormai oggetto di un vero e proprio culto tra gli appassionati, tanto da superare anche rum, whisky e vodka nelle preferenze. Una passione che ha conquistato anche le star. Ultima “vittima” della gin-mania è l’attrice Emma Watson ha da poco lanciato “Renais”, un gin prodotto in Francia a partire dagli scarti delle uve della vinificazione. Ma prima di lei Brad Pitt ha iniziato a produrre sempre in Francia The Gardener e Ryan Reynolds il suo Aviation Gin. Anche Margot Robbie con il marito ha la sua etichetta, il Papa Salt Coastal Gin, così come Snoop Dog firma Indoggo Gin.

A livello di volumi, invece, la corsa comincia a frenare, soprattutto nei Paesi più maturi, come Stati Uniti, Gran Bretagna e Spagna. Non così per il Belpaese. Secondo le previsioni dell’Iwsr, i volumi globali di gin in particolare quelli premium e super premium sono destinati a crescere con un Cagr di poco inferiore al 10% in mercati come Italia, Brasile e Australia fino al 2026. Luciano Anavi, analista di mercato di Iwsr, sottolinea che a tirare la volata è soprattutto la proliferazione di gin locali, essendo diventato uno spirit attraente per la sperimentazione e l’imprenditorialità, con prodotti artigianali ancora in forte espansione.

«Il mercato è dominato dalle importazioni – commenta Valentina Ursic, marketing Manager di Rinaldi1957 –ma molti marchi locali sono emersi negli ultimi anni, beneficiando dell’interesse dei consumatori per le botaniche regionali. Questo ha implicato una polverizzazione del mercato con consumi molto meno fidelizzati da parte dei grandi brand, malgrado gli ingenti investimenti in comunicazione, pr ed eventi».

Generando un fatturato di quasi 80 milioni di euro nel 2023, gli italiani acquistano gin soprattutto per il suo gusto secco e perché facilmente miscelabile nei cocktail, anche low alcohol (+45% nell’ultimo anno per il segmento del gin analcolico), in forte tendenza tra i giovani. Ma anche per le infinite le declinazioni regionali, appunto, che si arricchiscono dei sentori tipici dei singoli territori. Restando in casa Rinaldi 1957, si va dalle botaniche toscane di Ginepraio a quelle liguri della Via del Sale di Macaja Gin. Rivo Gin, invece, trae ispirazione dalla bellezza e dalla ricchezza botanica del Lago di Como.

«Questa categoria offre infinite combinazioni e spunti di sperimentazione – osserva Elvio Bonollo, quarta generazione di Distillerie Bonollo Umberto che ha da poco visto la scomparsa di Antonio – evolve in continuazione e permette di presentare sul mercato prodotti sempre differenti tra loro, rendendo ogni gin unico e distintivo». L’azienda ha da poco rilanciato lo storico brand Ballor, grazie a un lavoro di ricerca delle botaniche, delle loro sfumature di gusto e delle inedite combinazioni: un viaggio lungo la penisola attraverso le sue materie prime più distintive. Sempre secondo Iwsr, la sete globale di whisky giapponese degli ultimi 20 anni ha aperto la strada anche al gin artigianale del paese nipponico.

Fonte: Il Sole 24 Ore