Nuovi materiali e più alberi, le città sfidano le isole di calore

Il 2023 è stato l’anno più caldo dal periodo preindustriale ad oggi e il 2024 è ben piazzato per superarlo. Questo maggio è stato il maggio più caldo mai registrato dall’inizio delle rilevazioni a metà Ottocento, secondo Copernicus, il programma di monitoraggio della Ue. La temperatura media globale degli ultimi 12 mesi è stata la più alta mai vista, superando di 1,6°C la media preindustriale e per la prima volta il limite di 1,5°C fissato dall’Accordo di Parigi. Un limite che peraltro l’Europa ha già varcato da tempo, arrivando nel 2023 a una temperatura media annuale di 2,3°C superiore ai livelli preindustriali, con oltre 70mila morti attribuiti al caldo. Siamo in quella che il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha definito «l’era dell’ebollizione globale».

In campo i chief heat officer

Il problema è particolarmente grave nelle città, oppresse dalle classiche “isole di calore”, che spingono le temperature da 2 a 5°C più in alto rispetto alla media regionale e ospitano oltre metà della popolazione globale. Da qui la nascita di una figura nuova, chiamata chief heat officer, che collabora con i funzionari delle metropoli più lungimiranti. Sette chief heat officer, tutte donne, hanno già cominciato a lavorare a Miami, Los Angeles, Santiago del Cile, Melbourne, Dhaka, Freetown e Atene per piantare alberi, creare “parchi tascabili”, liberare i corsi d’acqua “tombati”, aprire “corridoi di vento” fra i palazzi, installare fontane e insegnare alla gente a contrastare gli effetti del caldo estremo sul corpo umano.

Il ruolo di chief heat officer è stato lanciato tre anni fa dall’Atlantic Council, un think tank americano che ha anche finanziato l’istituzione di queste figure grazie all’Adrienne Arsht-Rockefeller Foundation Resilience Center. La proposta ha attecchito in diverse municipalità, dove le ondate di calore stanno diventando sempre più letali man mano che l’effetto serra generato dai consumi di fonti fossili spinge le temperature in territori inesplorati. A Delhi il termometro quest’anno ha sfiorato i 50°C per tre settimane di seguito fra maggio e giugno, provocando oltre 70 morti. E oltre 1.300 persone sono morte per il caldo alla Mecca durante il pellegrinaggio Hajj a metà giugno.

Il caldo come killer silenzioso

«Il caldo è il pericolo climatico più mortale, è un killer silenzioso», spiega Elissavet Bargianni, nominata chief heat officer di Atene l’anno scorso. «Ci sono ancora persone che non capiscono l’impatto letale del caldo estremo, o la differenza tra quello che una volta era un caldo normale e i pericoli del caldo anomalo», commenta Bargianni. Bambini, anziani, donne incinte, agricoltori e lavoratori dell’edilizia sono i più vulnerabili. Un recente rapporto dell’Ilo stima che quasi 19mila persone muoiano ogni anno per infortuni sul lavoro dovuti al caldo eccessivo. Atene è stata la prima città in Europa a classificare le ondate di caldo dal livello 1 a 3, aiutando i residenti a decidere se rimanere in casa, annullare gli eventi sportivi o chiudere temporaneamente i siti turistici, come l’Acropoli.

A Melbourne si piantano 3mila alberi l’anno

Le isole di calore dipendono dai materiali con cui sono costruite le città: densi agglomerati di cemento, acciaio e asfalto, pieni di automobili e condizionatori, che a loro volta emettono calore. Sotto il sole l’asfalto può raggiungere i 75ºC e il cemento i 65ºC, mentre la temperatura dell’erba non supera i 42ºC. La misura più efficace per raffrescare le città, quindi, è aumentare la vegetazione. Piantare alberi intorno a un edificio può ridurre anche del 50% l’uso dell’aria condizionata. È dimostrato che più gli alberi sono alti e più mitigano l’isola di calore, fornendo ombra e raffrescamento attraverso l’evapotraspirazione.

Fonte: Il Sole 24 Ore