Per gli accessori un anno in salita: cassa integrazione per il 28% delle aziende

I segnali continuano ad arrivare, da tempo, da più parti: il 2024 è un anno critico per il sistema moda italiano. Il rallentamento della domanda in alcuni mercati chiave ha portato a una frenata delle vendite del lusso. A questa si sono sommati gli effetti del picco di ordini scaturito dall’euforia post pandemia: lungo tutta la filiera, dai produttori ai retailer, i magazzini sono ingolfati. E gli ordini per le prossime stagioni sono decisamente più tiepidi rispetto al passato.

In questo contesto le imprese stanno vivendo un momento negativo: lo confermano i dati della 1° Indagine congiunturale elaborata dal Centro Studi di Confindustria Moda (associazione che, da gennaio 2024, rappresenta di fatto solo il comparto della concia, delle calzature, della pellicceria e della pelletteria). Nel primo trimestre 2024 le aziende associate stimano un arretramento dei ricavi del -9,5% rispetto al primo trimestre del 2023. «Nei primi tre mesi dell’anno le imprese della filiera hanno registrato una grande frenata – spiega Annarita Pilotti, imprenditrice marchigiana del calzaturiero che da gennaio 2024 è presidente di Confindustria Moda -. Questi dati ci riportano indietro alla crisi economica che abbiamo vissuto nel 2010 dopo il crollo di Lehman Brothers, e temo che, nonostante il settore negli anni abbia mostrato maggiore capacità di resilienza rispetto ad altri, la ripresa non è scontata. Almeno a queste condizioni».

Sul calo dei ricavi e della produzione pesa il rallentamento della domanda da parte dei mercati internazionali: l’export, che negli ultimi 15 anni è stato il principale fattore trainante dei conti della moda made in Italy, nel periodo gennaio-marzo 2024 sarebbe arretrato del 10,1% rispetto allo stesso periodo del 2023. Il calo riguarda alcuni mercati storicamente importanti per l’Italia – dalla Francia (-1,4%) agli Usa (-4,8%), fino alla Germania (-8,4%). Il calo più vistoso è però quello verso la Svizzera: -64,6 per cento. Il mercato elvetico è da anni un punto di snodo per i gruppi del lusso d’Oltralpe che in Svizzera hanno i propri hub logistici. Il crollo, al netto di un fenomeno di trasformazione della logistica che prevede spedizioni dirette verso i mercati, fa emergere l’impatto che la frenata dei gruppi del lusso sta avendo sulla filiera del made in Italy. «Il fatto che i gruppi del lusso si affidino in larga parte a produttori italiani – continua Pilotti – è sicuramente un motivo di vanto per il made in Italy: le nostre maestranze sono le più brave al mondo. Il fatto che durante il picco della domanda abbiano riempito i loro magazzini e ora si trovino a fronteggiare un momento critico ha certamente un impatto sulla filiera, ma ci sono tanti altri marchi del lusso italiani che stanno andando bene».

La difficoltà delle aziende – il 18% ha accusato una contrazione dei ricavi oltre il 20%; una su tre segnala un andamento molto insoddisfacente della produzione – si è tradotta in un aumento del ricorso agli ammortizzatori sociali: il 28% delle aziende associate a Confindustria moda ha detto di aver fatto ricorso a , a strumenti di integrazione salariale.

Se la partenza è stata complicata, il resto dell’anno potrebbe non essere da meno: quasi la metà degli imprenditori (43%) immagina un ulteriore peggioramento della congiuntura. Sul fronte dei ricavi, tra aprile e giugno sei imprenditori su 10 si aspettano un’ulteriore flessione dei ricavi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. «La ricetta non c’è – spiega Pilotti – e sicuramente i mesi di settembre e ottobre che ci attendono saranno molto critici. Speriamo però in una ripresa a partire dall’autunno inoltrato , quando si inizierà a lavorare sulle collezioni per la primavera estate 2025 e poi l’autunno 2025/26: il periodo tra novembre 2024 e febbraio 2025 sarà un vero e proprio test sulla ripresa della produzione. Qualche segnale lo avremo già dalle fiere di settembre (Micam, Mipel, ndr)».

Fonte: Il Sole 24 Ore