Assalto alla Cgil, annullate le condanne per devastazione, ora appello-bis

Il reato di devastazione c’è solo se l’azione mette a rischio il senso di sicurezza della collettività. Partendo da questo principio la Cassazione (sentenza 27113) annulla, con rinvio, le condanne per il reato di devastazione a carico dei sei imputati – per l’assalto alla Cgil del 9 ottobre 2021 – che hanno scelto il rito abbreviato. La Suprema corte, ha così confermato la responsabilità per la resistenza a pubblico ufficiale, ma chiesto un appello bis per quanto riguarda la condanna per devastazione.

L’irruzione nel palazzo del sindacato

L’irruzione e la devastazione della sede del sindacato era avvenuta a margine di un corteo, contro il green pass, partito da piazza del Popolo dove era in corso la manifestazione.

Per i giudici di appello l’intervento del leader romano del movimento di estrema destra Forza Nuova Giuliano Castellino dal palco di piazza del Popolo fu “una sorta di chiamata alle armi la cui finalità è tuttavia ben chiara e non è quella di manifestare liberamente un legittimo dissenso, ma quella di costringere (se rivuole la sua sede) una forza sindacale di primario livello nazionale a mutare la propria politica sindacale, a far venire a Roma, di pomeriggio, di sabato, il suo segretario generale e a fargli proclamare lo sciopero generale”.

La sicurezza sociale

Ora gli ermellini chiedono un nuovo esame sul reato di devastazione (articolo 419 del Codice penale), che non può essere affermato solo in virtù dei danneggiamenti. “I saccheggi plurimi trasmodano in devastazione – si legge nella sentenza – se la loro estensione e profondità raggiungono un adeguato livello di compromissione, avendo indotto nella popolazione allarme, sensazione di pericolo, sentimento di insicurezza”. Per la Cassazione occorreva dunque chiarire, se l’assalto vandalico alla sede della Cgil, avesse prodotto un tale effetto non solo per il luogo violato, ma per aver suscitato nella collettività il timore di ulteriori incidenti. La Suprema corte ammette comunque che l’obiettivo preso di mira, poteva aver un ruolo importante nella condanna decisa in corte d’Appello, e potrà averlo nel nuovo giudizio. “Il fatto che nell’accaduto sia stata direttamente coinvolta, con amplificazione mediatica, ampiamente prevedibile, la sede del più importante sindacato italiano – scrivono i giudici – rilevante protagonista della dialettica politico-sindacale del Paese, non è certo neutro nè indifferente ai fini del giudizio in discorso”. Ma è pur sempre un elemento da usare per misurare “nel contesto dato la capacità delle condotte di aggressione di turbare la pace sociale e il senso di sicurezza collettivo”.

La condanna per devastazione dei detenuti di Foggia

Sempre nello stesso giorno la Cassazione (sentenza 27113) ha confermato invece le condanne per resistenza a pubblico ufficiale e devastazione a carico di alcuni detenuti nel carcere di Foggia per la rivolta carceraria come reazione alle regole restrittive imposte per i colloqui durante la pandemia. Nel caso dei detenuti la Suprema corte ha affermato che “il danneggiamento complessivo, indiscriminato, vasto e profondo, di una notevole quantità di cose mobili integra devastazione”. Questo perché determina un pregiudizio non solo al patrimonio di uno o più soggetti ma perché mette in pericolo l’ordine pubblico inteso come un diritto alla tranquillità e alla sicurezza collettivi. In questo caso senza che sia necessario verificare quanto la società si sia sentita minacciata dalla rivolta.

Fonte: Il Sole 24 Ore