Indagine su Barbie fra moda, femminismo e marketing

LONDRA – Ha 65 anni, ma non li dimostra. Dopo decenni di successo e il film-trionfo dello scorso anno, Barbie adesso ha una mostra dedicata tutta a lei. Il Design Museum di Londra ha fatto un’immersione nel rosa e un tuffo negli archivi di Mattel per raccontare la storia della bambola più famosa del mondo attraverso 180 esemplari.
La mostra inizia con la prima Barbie, nata nel 1959, coda di cavallo (a scelta bionda o bruna) e costume intero a righe bianche e nere, indossato naturalmente con tacchi a spillo. Un esemplare rarissimo, che il Design Museum ha acquistato per la sua collezione permanente.

L’idea di una bambola adulta che le bambine potessero divertirsi a vestire era stata di Ruth Handler, prima presidente di Mattel, società di giocattoli che aveva fondato con il marito Elliot. Aveva faticato però a convincere il consiglio di amministrazione, tutti uomini, convinti che le bambine dovessero continuare a giocare solo con bambolotti per prepararsi a diventare mamme. Il Cda, però, si convinse rapidamente quando 300mila esemplari di Barbie furono venduti nel solo 1959, e da allora le vendite hanno continuato a volare.

L’evoluzione della bambola è stata costante: il modello del 1965 per la prima volta poteva piegare le gambe al ginocchio e aveva i capelli corti di moda all’epoca, mentre nel 1968 bastava tirare un cordoncino per sentire parlare Barbie. La best seller nei primi anni Settanta, in piena era hippie, era la Sunset Malibu Barbie, in vacanza perenne, abbronzatissima, con il surf sotto braccio e il camper nelle vicinanze.

Un’intera sala della mostra è dedicata ai mezzi di trasporto creati per una bambola che amava viaggiare – dalla Vespa alla Jaguar, dalla Ferrari alla Fiat 500 – e alle numerose case di Barbie, dallo stile minimalista e coloratissimo anni Sessanta all’opulenza con stucchi di plastica e colonne corinzie degli anni Ottanta in piena era Dynasty. L’ondata rosa è partita nel 1977 con il lancio di Superstar Barbie, quando la divisione marketing si è resa conto che la pila di scatole pink nei negozi di giocattoli assicurava una visibilità imbattibile e favoriva le vendite. Da allora Barbie non è più tornata indietro: il colore, secondo Mattel, rappresenta «ottimismo, fiducia in se stessi e il potere della femminilità».

Al 1985 invece risale Day to Night Barbie, il cui completo rosa per l’ufficio si trasformava in un elegante abito da sera. Non solo questione di moda: il modello rifletteva il cambiamento nella vita di molte donne che ora, pur lavorando tutto il giorno, volevano ancora avere una vita sociale la sera.

Fonte: Il Sole 24 Ore