Gli spari sulla campagna elettorale di Trump

Alle 18.02 di sabato pomeriggio, sulle note di “God Bless the Usa.”, Donald Trump è salito sul palco della fiera di Butler, in Pennsylvania. Cappellino rosso in testa con il simbolo M.A.G.A., faremo di nuovo grande l’America, al solito salutando la folla esultante, sotto un sole cocente di mezza estate.

Butler è una cittadina di 13mila abitanti, a 50 chilometri a Nord di Pittsburgh, Pennsylvania occidentale. Un’area rurale a maggioranza bianca, saldamente trumpiana, situata nella Rust Belt, la “cintura della ruggine”, un tempo cuore dell’industria pesante americana, oggi in forte declino economico.

Il comizio è iniziato. Trump, le mani sul leggio, ha indicato un grafico proiettato dietro di lui che mostrava l’aumento degli attraversamenti illegali dei migranti dal Messico durante la presidenza Biden: “Quel grafico è vecchio di un paio di mesi”, ha detto Trump alla folla. “E qualcosa di veramente triste…”

L’attentato

A quel punto sono risuonati gli spari. Almeno cinque, secondo i testimoni. Trump si è toccato l’orecchio mentre in un attimo gli agenti dei servizi segreti si sono buttati su di lui gridando: “Stai giù, giù”. Le migliaia di persone presenti al comizio nel campo davanti a Trump si sono buttate a terra.

Qualche istante dopo Trump si è rialzato, attorniato dagli agenti che cercavano di portarlo via dal palco, coprendo il suo corpo con il proprio corpo, mentre il sangue gli colava dall’orecchio. “Aspetta, aspetta…” ha detto Trump. Ha alzato il pugno mentre la folla esultava, ed è sembrato pronunciare la parola “fight”, lotta. Prima che gli agenti lo spingessero giù per le scale verso il Suv blindato che lo ha portato via.

Fonte: Il Sole 24 Ore