Un secondo taglio dei tassi subito? Ecco perché la Bce aspetterà l’autunno

Un secondo taglio dei tassi subito? Gli analisti tendono ad escluderlo. Più probabile che la Bce aspetti settembre, con le nuove proiezioni macroeconomiche e altri dati sull’inflazione, e poi intervenga di nuovo a dicembre. La riunione di luglio della politica monetaria dovrebbe essere dunque accompagnata da una classica conferenza stampa di attesa, forse anche di preparazione, con interventi che si realizzano tutti con le parole.

Inflazione ferma

Il motivo principale è semplice: l’inflazione non è tornata a calare. L’indice complessivo ha frenato a giugno al 2,5%, dal 2,6% di maggio, ma a marzo e ad aprile era al 2,4%: non c’è un nuovo trend discendente, sembra quasi che si stia consolidando – ma è presto per dirlo – un livello della dinamica dei prezzi più alto dell’obiettivo. Le aspettative di inflazione di lungo periodo, almeno quelle misurante dagli inflation swaps 5y5y puntano da tempo al 2,3%. Anche il dato core è risultato in frenata, al 2,8% di giugno dal 2,9% di maggio, ma è semplicemente tornato alla velocità di aprile.

Servizi ancora surriscaldati

Anche l’inflazione dei servizi resta elevata e sembra essersi fermata: 4,1%, come a maggio. La Banca centrale europea ha molto insistito su questa dinamica. è una componente che è considerata da alcuni economisti come una misura migliore delle pressioni inflazionistiche interne – quelle davvero gestibili dalla politica monetaria – e delle aspettative di inflazione. A questo punto, però, la divaricazione con i prezzi dei beni manifatturieri è tale che potrebbero essere in gioco fattori diversi, strutturali, che si manifestano come un aumento dell’indice che sostiene l’inflazione. Non manca – la Banca dei regolamenti internazionali di Basilea ne ha parlato nel suo rapporto annuale – chi evoca un tema completamente diverso: una variazione dei prezzi relativi dei due settori, da valutare con attenzione

Retribuzioni assorbite dai profitti

L’andamento dell’inflazione salariale (+6,1%) e dei salari negoziati (4,7%) – per quanto disponibili solo fino a marzo – restano ancora elevati, e continuano a segnalare la possibilità di pressioni piuttosto forti sui prezzi. È anche vero però che i dati disponibili degli ultimi trimestri mostrano anche una crescita delle retribuzioni complessive dei lavoratori superiore a quella dei margini di profitto – misurati dai risultati operativi – e segnalano quindi che le imprese, dopo aver registrato forti aumenti nei propri utili, stanno ora dando un contributo positivo assorbendo parte del recupero del potere d’acquisto da parte delle famiglie. È esattamente la direzione auspicata dalla Bce.

Rendimenti in calo

L’apertura di una nuova fase della politica monetaria, con il primo taglio di giugno, è stata inoltre ben interpretata dai mercati. La curva dei rendimenti, nelle scadenze più brevi – che esprimono e realizzano la politica monetaria – sono ai minimi dell’anno mentre le scadenze di medio periodo sono ancora a livelli più elevati. Il cambio effettivo continua a muoversi lateralmente oscillando in un range molto ridotto, malgrado la scelta della Federal reserve di non tagliare i tassi a giugno.

Fonte: Il Sole 24 Ore