Triumph Speed 400, com’è fatta e come va la piccola modern classic inglese

Mentre Triumph annuncia la chiusura dell’anno fiscale 2024 con una crescita del 105% in Italia rispetto all’epoca pre-Covid 19 (2019), abbiamo messo alla prova una delle fautrici di questa crescita notevole, la piccola di casa, la Speed 400 (5.500 euro), naked che condivide il motore con la Scrambler 400 X. L’ispirazione da cui nasce la Speed 400 è evidente: la Bonneville, modello intramontabile che ha ripreso, modernizzandole, le caratteristiche delle moto degli anni Sessanta e Settanta. Dettagli cromati, serbatoio metallico da 13 litri a goccia, sella su un piano e faro anteriore rotondo si sposano con elementi moderni come il display digitale e l’illuminazione a led.

Monocilindrico vivace

Al cuore della Speed 400 c’è un inedito monocilindrico da 398 cc, raffreddato a liquido, che sviluppa una potenza massima di circa 40 cv a 8mila giri, con una coppia massima di 37 Nm disponibile prima, a 6.500 giri. La frizione multidisco a bagno d’olio è dotata di funzione antisaltellamento, che riduce lo sforzo alla leva ed evita che il posteriore si blocchi in scalata, ed è abbinata a un preciso cambio a sei marce, ben spaziate. La gestione elettronica del motore e dell’acceleratore sono affidate a Bosch: la tecnologia ride-by-wire rende l’erogazione della potenza lineare e fluida, senza strappi. Di Bosch è anche Abs, cui è abbinato di serie il controllo di trazione, disattivabile.

Ciclistica da grande

La ciclistica del modello annovera un telaio in acciaio tubolare, cui è avvitato il telaietto posteriore e un forcellone a doppio braccio in alluminio; la sezione centrale del telaio è sottile per consentire anche ai piloti meno alti di poggiare i piedi a terra; la sella a 790 mm da terra e i soli 170 kg di peso in ordine di marcia fanno il resto per rendere la Speed 400 facilmente guidabile. C’è poi una forcella “da grandi” (43 mm di diametro), mentre al posteriore lavora un sistema mono-shock con serbatoio esterno. I cerchi da 17 pollici in alluminio montano un disco da 300 mm davanti e uno da 230 dietro.

Come va

La Speed 400 nasce per conquistare i neofiti e per riportare su due ruote chi ha superato gli “anta”. Deve, quindi, essere facile, sia nella gestione a motore spento sia in nei movimenti a bassa velocità. Ebbene, in sella alla moto inglese si sta con il basto eretto, le gambe non troppo piegate, le braccia distese: la posizione è comoda e consente di prendere confidenza in fretta, grazie anche al manubrio largo che permette di “remare” parecchio quando si sfila tra le auto a passo d’uomo, facendo attenzione agli specchietti, posti proprio all’altezza di quelli di molti modelli di auto (peraltro, posti ai lati del manubrio, svolgono molto bene il loro compito). La strumentazione è mista, analogica (velocità, non molto visibile) e digitale, con un display che contiene contachilometri, tachimetro, indicatore del carburante e quello di marcia. Avviato il monocilindrico, a colpire subito è il suo sound: non è affatto da moto piccola, anzi, ha una voce roca e potente che fa pensare a cilindrate ben più grandi. L’aspetto che sorprende poi fin dai primi metri è l’agilità: l’interasse di soli 1.377 mm e l’avancorsa di 102 mm sono indici di grande reattività; questa Triumph, nel misto stretto, si guida come una bicicletta, complice anche una frizione molto morbida alla leva. Anche il motore ci ha sorpresi: proveniendo da un mono 400 di produzione orientale che non ci aveva fatto gridare al miracolo, far correre il mono inglese di pari cilindrata ci ha riempiti di euforia tanto l’inglese è progressivo nell’erogazione, pronto e corposo anche a regimi medio-bassi (agli alti si avvertono però vibrazioni alle pedane e al manubrio). Le sospensioni sono tarate sul morbido: in due (due quintali in tutto) siamo arrivati facilmente a mettere in crisi l’ammortizzatore posteriore, mentre l’anteriore è più sostenuto. La frenata non è da MotoGp ma nemmeno da sportiva anni 80: è abbastanza potente per fermarsi in poco spazio, senza arrivare però a scomporre l’assetto della moto, quindi a prova di panic-stop. In autostrada i 130 km/h sono facilmente alla portata, ma il riparo è nullo: aria e vibrazioni consigliano di frequentare poco le strade con la segnaletica verde.

Fonte: Il Sole 24 Ore