Londra, medaglia d’oro all’italiano Peter Schwartz
La medaglia d’oro 2024 che ogni anno la Società europa di cardiologia (Esc) assegna in occasione della sessione inaugurale del congresso, e che si apre oggi a Londra, è stata conferita al cardiologo italiano Peter Schwartz, già titolare della cattedra di Cardiologia all’Università di Pavia, è attualmente direttore del Centro per lo Studio e la Cura delle Aritmie cardiache di origine genetica e del Laboratorio di Genetica cardiovascolare all’Auxologico di Milano.
Il riconoscimento viene conferito a chi nel corso della carriera ha dato un contributo importante alla medicina, ma il premio ha anche l’intento di essere un modello per le nuove generazioni di medici e scienziati, ispirandoli a percorrere la strada meno battuta e a impegnarsi in ricerche di alta qualità. Che sono poi gli “ingredienti” che hanno contraddistinto la vita professionale di Schwartz, riconosciuto a livello internazionale tra i massimi esperti mondiali nella ricerca e nella cura delle aritmie genetiche.
Il cardiologo ha dedicato la sua vita alle morti in culla, soprattutto collegate alla sindrome del QT lungo, prima causa di morte improvvisa nei giovani. Un’incredibile avventura partita quasi 50 anni fa nella ricerca cardiovascolare e iniziata con due sorelle: Cesarina ed Agostina. La prima era morta improvvisamente a 18 anni partecipando tra il pubblico alla trasmissione Rischiatutto: dopo una domanda di Mike Bongiorno, in diretta televisiva, l’emozione è tale che il suo cuore si ferma. La sorella Agostina, che allora aveva 8 anni, incontra il giovane Schwartz quando viene ricoverata nel reparto di Cardiologia del Policlinico di Milano.
«Entrambe le sorelle avevano la caratteristica di perdere conoscenza quando si emozionavano, si spaventavano, quindi in seguito a stress fisici o emotivi, il che mi ha portato subito a fare un collegamento con un’aumentata attività del sistema nervoso simpatico, con rilascio di catecolamine. Da qui, siamo arrivati alla diagnosi: sindrome del QT Lungo – ricorda con emozione Peter Schwartz -. All’epoca era una sindrome rarissima, Agostina era forse il ventesimo caso in tutto il mondo, certamente un campo aperto da studiare». Così, nel laboratorio di cardiologia sperimentale in cui lavorava, Schwartz riuscì a riprodurre gli aspetti fondamentali della malattia, cioè le alterazioni elettrocardiografiche stimolando i nervi cardiaci simpatici di sinistra e questo lo portò a collegare la malattia e l’aumentata attività di questi nervi, ponendo la base razionale per nuove terapie: i farmaci beta bloccanti per antagonizzare il rilascio delle catecolamine da iperattività simpatica e la denervazione cardiaca, cioè il taglio dei nervi cardiaci simpatici di sinistra così da eliminare il collegamento cervello-cuore. «In questo modo – spiega l’esperto – anche se dal cervello parte un certo tipo di impulso, questo non arriva al cuore. E’ come staccare la corrente, e questo ha un grandissimo effetto protettivo e il grande vantaggio che viene fatto una volta per tutta la vita».
E oggi questa tecnica, dopo che Schwartz la utilizzò per la prima volta nel 1973 su Agostina permettendole di condurre una vita senza rischi di morte improvvisa, è diventata una terapia standard per i pazienti che non sono protetti dai beta-bloccanti.
Fonte: Il Sole 24 Ore