Entro il 2030 vanno ripristinate almeno il 20% delle zone terrestri e marine in Ue

È la prima legge globale finalizzata al ripristino della natura nell’Unione Europea che mira a fermare la perdita di verde urbano, a recuperare e tutelare la biodiversità e a ripristinare gli habitat.

Si tratta del Regolamento UE 2024/1991 sul ripristino della natura che modifica il Regolamento 2022/869 sulle infrastrutture energetiche transeuropee, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, serie L, del 29 luglio. In vigore dal 18 agosto, l’atto Ue impone agli Stati membri misure concrete per ripristinare gli ecosistemi degradati e provare ad arginare, in questo modo, gli effetti degli eventi climatici estremi e dei sempre più numerosi disastri naturali che ormai riguardano l’Europa. Un insieme di norme che non solo punta a ripristinare gli ecosistemi marini e terrestri, ma anche a incidere sulla qualità della vita dei cittadini, coinvolgendo direttamente gli spazi urbani.

Il regolamento, infatti, impone un cambiamento di prospettiva anche a salvaguardia degli ecosistemi urbani con precisi vincoli per le amministrazioni che non potranno più adottare, in base alle nuove regole, misure in grado di determinare una perdita di spazio urbano verde e della copertura arborea. Che vuol dire anche provare a cambiare la vivibilità e il contesto cittadino con maggiori spazi verdi. In particolare, le amministrazioni pubbliche non potranno causare perdite nette di spazi verdi urbani e di copertura arborea urbana fino alla fine del 2030. Gli Stati, inoltre, entro il 2030 dovranno piantare almeno tre miliardi di alberi supplementari.

Il regolamento non ha avuto un percorso facile ed è stato approvato con il voto contrario di Italia, Ungheria, Polonia, Paesi Bassi e Svezia. La maggioranza è stata raggiunta e, quindi, adesso tutti gli Stati membri sono chiamati a rispettare gli obblighi imposti dalle nuove regole che puntano a ripristinare almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell’Unione europea entro il 2030 e tutti gli ecosistemi entro il 2050.

In particolare, gli Stati dovranno ripristinare almeno il 30% degli habitat considerati in cattive condizioni entro il 2030, almeno il 60% entro il 2040, almeno il 90% entro il 2050. Questo per impedire catastrofi naturali, mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, garantire la sicurezza alimentare e arginare la perdita di biodiversità in Europa. Oltre agli obiettivi verdi, il regolamento è anche funzionale alla crescita economica, perché, come precisato dalla Commissione, ogni euro speso per il ripristino della natura «può generare un ritorno sull’investimento superiore a 8 euro». Inoltre, la Banca centrale europea ha rilevato che circa tre milioni di aziende (ossia il 72% delle aziende dell’Eurozona) dipendono da ecosistemi salubri e dal rispetto della biodiversità negli ecosistemi agricoli, marini, forestali.

Fonte: Il Sole 24 Ore