“Bestiari, erbari, lapidari”, un documentario enciclopedico di grande fascino

Uno dei documentari più potenti dell’anno: si può partire così per raccontare “Bestiari, erbari, lapidari”, film inserito fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.

Alla regia ci sono due maestri del genere come Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, autori che avevano già stupito con pellicole come “Materia oscura” e “Guerra e pace” e che a Venezia erano stati anche in concorso con “Spira mirabilis” nel 2016.

Il curioso titolo che hanno scelto è per riassumere un vero e proprio documentario “enciclopedia”, diviso in tre atti, ognuno dei quali tratta un singolo soggetto: gli animali, le piante, le pietre.

Questo film è un omaggio a quei mondi “sconosciuti” e per certi versi davvero alieni, fatti di animali, vegetali e minerali, che spesso diamo per scontati. Gli atti del film disegnano uno sviluppo drammaturgico unico, attraverso tre diversi dispositivi di messa in scena. “Bestiari” è un found-footage su come e perché il cinema ha ossessivamente rappresentato gli animali; “Erbari” invece, un documentario poetico d’osservazione dall’interno dell’Orto Botanico di Padova; “Lapidari”, infine, un film industriale ed emotivo sulla trasformazione della pietra in memoria collettiva.

«Crediamo che il nostro compito sia quello di “re-inventare” una visione e una rappresentazione del reale e cercare di instaurare relazioni vitali tra gli elementi che compongono le inquadrature dell’opera. A ogni spettatore il compito di arricchire il film con il proprio bagaglio di esperienze, interessi, letture o visioni cinematografiche»: le parole dei due registi sono indicative per capire il loro approccio al cinema, un lavoro di lunghe ricerche e di ragionamenti capaci di rimanere impressi a lungo dopo la visione.

Fonte: Il Sole 24 Ore