I petroliferi soffrono in Borsa, timori sulla domanda di greggio

(Il Sole 24 Ore Radiocor) – L’estensione a fine novembre dei tagli alla produzione da parte di otto membri dell’Opec+ non è bastata a dissipare i dubbi sulla debolezza della domanda del greggio. A farne le spese sono i titoli petroliferi a Piazza Affari, con vendite su Saipem e Tenaris. Giù anche Eni, nonostante l’intesa siglata alla vigilia con la società energetica statale azera Socar su sicurezza energetica, riduzione delle emissioni e produzione dei biocarburanti.

Nel dettaglio ieri Arabia Saudita, Russia, Iraq, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Kazakistan, Algeria e Oman hanno annunciato che riapriranno i rubinetti dell’oro nero solo dopo il primo dicembre 2024, rimandando i piani di aumento della produzione di 180mila barili al giorno previsti inizialmente per ottobre. L’obiettivo è arginare i pesanti cali dei prezzi del greggio, precipitati ai minimi da oltre un anno. La ripresa avverrà «gradualmente su base mensile» e i Paesi si riserveranno il diritto di «sospendere gli aggiustamenti o invertirli se necessario».

Subito dopo la notizia, le quotazioni del petrolio si sono impennate di quasi il 2%, salvo poi ritracciare. Al momento sui mercati prevale la cautela, con il Wti a 69,4 dollari (+0,4%) e il Brent a 73 dollari (+0,4%). «Sebbene il rinvio dell’aumento di produzione riduca le possibilità che il mercato petrolifero raggiunga un’eccedenza nel quarto trimestre 2024, è improbabile che allenti le preoccupazioni sulla debolezza della domanda nel 2025», spiegano gli analisti Anz Research. A preoccupare è soprattutto la tenuta dell’economia della Cina, secondo consumatore mondiale e principale motore della crescita della domanda di greggio, mentre negli Usa, a ogni dato macroeconomico, riaffiorano i timori per una recessione dell’economia. Alcuni fattori come le scorte commerciali americane, scese di quasi 7 milioni la scorsa settimana, o la decisione dell’Opec+, o ancora la recente interruzione delle forniture in Libia «sono di supporto ai prezzi a 70-72 dollari del Brent», afferma Citigroup. La banca vede però «una discesa verso i 60 dollari nel 2025, quando emergerà una notevole eccedenza di mercato».

Fonte: Il Sole 24 Ore