Il giro del mondo in due secondi: un altro record della Paralimpiade

L’avventura del Toc, città nella immensa città che sono i Giochi, è il backstage dell’evento. Tutto inizia nel 2018, poco dopo la vittoria della candidatura di Parigi e Atos, top partner tecnologico da Barcellona 1992, inizia la progettazione della infrastruttura per questa fuoriserie: «Rispetto a 32 anni fa il nostro settore è planato in un’altra era – esordisce Christophe Thivet, direttore Atos per l’integrazione tecnologica per i Giochi –. Lo sport è interattività pura, viviamo con le app e la cybersicurezza è un tema che cambia pelle ogni giorno. Atos, con l’esperienza di dodici edizioni olimpiche, fornisce la tecnologia e a Parigi si è trovata a lavorare con 15 partner diversi, fra i quali Omega, Orange, Alibaba: abbiamo aperto la nostra biblioteca di processi e soluzioni, l’abbiamo condivisa coi partner per costruire un ecosistema unico e integrato a servizio dei Giochi. Due gli ambiti di azione: l’OMS, l’Olympic management system, per la gestione dei volontari, dei risultati delle gare e gli accrediti; e l’ODS, l’Olympic diffusion system, che diffonde i risultati online, sulle app e alle postazioni di lavoro dei commentatori». Tutto questo garantisce la diffusione e l’archiviazione dei dati in tempo reale, lo sviluppo di applicazioni e siti web in grado di supportare decine di milioni di connessioni simultanee, la gestione del sistema di accreditamento e di biglietteria elettronica. Il gruppo di lavoro di Parigi – 104 postazioni di lavoro nella torre di controllo a Saint-Denis, in cui si sono alternati 306 esperti – è affiancato da quelli di Madrid e di Barcellona: «Per ora, touchez bois (il nostro “tocchiamo ferro”, ndr) – confessa Thivet – non ci sono stati intoppi, l’infrastruttura da 100 server, 1.900 postazioni per commentatori nelle venues, 10mila pc, 6mila tv ha retto anche grazie alle 250mila ore di test che avevamo svolto in primavera, ipotizzando 1.800 diversi scenari di crisi in tre giorni». Senza arrivare forse all’alligatore che era stato fotografato sotto il pavimento del centro operativo tecnologico di Rio, nel 2016, ma comunque incontrando qualche donnola nell’installare cavi e tecnologia nei luoghi pubblici di Parigi.

Alla destra delle scrivanie del Toc c’è una lunga parete bianca colorata dalle mascotte Phryge: “nasconde” gli esperti che vegliano sulla cybersicurezza dell’evento. Possono entrare solo loro e il responsabile, Benoît Delpierre: «L’obiettivo del nostro lavoro è che non si parli di noi. Per questo, ci siamo concentrati sull’individuare le minacce, i rischi e abbiamo fatto affidamento sull’esperienza di cento esperti di cybersicurezza e su due centri, uno di Polonia e uno in Romania, per avere una rete di supporto ulteriore. Senza trascurare l’aiuto venuto dall’intelligenza artificiale». A fine luglio, l’Olimpiade è stata minacciata dalle ombre cyber, ma «la regola è non andare nel panico e capire nel più breve tempo possibile la risposta, così in 20 minuti la minaccia è rientrata» e, nella stanza segreta oltre la parete bianca delle mascotte, è ritornata la pace. Resta una grande eredità di conoscenze – anche questa è legacy dei Giochi – da trasferire alla comunità mondiale degli esperti di cybersicurezza e al gruppo di lavoro di Milano-Cortina 2026. Che, in fondo, è dopodomani.

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Fonte: Il Sole 24 Ore