Stasera a Budapest l’Italia contro Israele. Sinner e Bebe Vio i nuovi poster dell’Italia

Abbiate pazienza, ma questa volta non partiamo subito dal calcio. Ne parleremo ovviamente, visto che questo lunedi la Nazionale, dopo l’incredibile rinascita al Parco dei Principi con la presuntuosa Francia, affronterà Israele a Budapest per confermare che Parigi non è frutto di una strana combinazione astrale ma una vera ripartenza dopo aver toccato l’abisso.
Un po’ di sana diffidenza però ci vuole, anche se è giusto riconoscere che questo 3-1 con la Francia per il nostro calcio è stato una vera benedizione. Ora vediamo coi fatti, se davvero gli azzurri di Spalletti hanno voltato pagina.
Prima lasciateci però respirare l’aria fresca che arriva da New York, dove Jannik Sinner, battendo in tre set (6-3,6-4,7-5) l’americano Taylor Fritz, ha conquistato gli Us open, secondo Slam dopo quello australiano. Due Slam nella stessa stagione, un altro record. Un’altra mirabile impresa che s’aggiunge alla già straordinaria storia del numero uno del tennis mondiale che sfonda anche il muro degli 11mila punti.

Jannik conquista New York

Ora che Jannik ha sbancato anche New York, e nuovi diluvi di ovazioni celebrano già i suoi prossimi trionfi, si vedrà davvero di che pasta è fatto questo ragazzo di 23 anni che, finora, è riuscito incredibilmente a respingere l’avversario più subdolo e insidioso: quella della popolarità non stop, quello del martellamento mediatico che logora anche i giganti più corazzati.
Lui è straordinario, soprattutto mentalmente: dice che “il tennis non è tutto nella vita”; che le cose brutte, come la storia (archiviata) della doppia positività al doping per clostebol, “servono per fare esperienza e crescere come uomo”. Sinner è riconoscente con il suo nuovo team e con la famiglia; è attento ai vecchi amici e alla fidanzata; ma la domanda è sempre la stessa: si può rimanere sé stessi, senza farsi travolgere da una così straripante popolarità? Un’ondata che lo ha eletto simbolo di un Italia che, purtroppo, non ha le sue stesse qualità?
Questa è la vera scommessa di Sinner: in campo ha già dimostrato di essere il numero uno. Se lo sarà anche fuori, avrà superato la sfida più difficile. Altro che Alcaraz.
Un’altra boccata d’aria fresca viene da Parigi dove si è conclusa l’ultima edizione delle Paralimpiade 2024, vera festa dello sport per impatto emotivo e qualità dei partecipanti.

Paralimpiadi: azzurri quinti con 71 medaglie 

Bisogna dirlo chiaro e forte: se una volta forse questa manifestazione veniva guardata con pigra sufficienza, quasi come un atto di riparazione verso chi nella vita ha dovuto risalire la corrente, ora questi ragazzi bisogna solo ringraziarli per le magnifiche imprese che ci hanno regalato. Imprese dove c’è tutto il pathos dello sport: emozioni forti, lacrime e abbracci, gioia e disperazione. Forse in misura ancora maggiore che alle Olimpiadi. Perchè dietro a questi successi spiccano delle formidabili vicende umane che arricchiscono il valore di ogni primato e di ogni medaglia. Abbiamo ancora negli occhi l’incredibile finale dei 100 metri femminili, per atlete amputate di gamba sotto il ginocchio, che ha chiuso il programma dell’atletica paralimpica regalandoci gli ultimi due successi (un oro e un bronzo) che ci hanno portato con 71 medaglie al quinto posto dopo Cina, Gran Bretagna, Usa e Olanda. Un ottimo risultato, superiore a quello precedente di Tokyo (68). In totale 24 ori, 15 argenti e 32 bronzi.
Ma i numeri non dicono quante emozioni ci ha trasmesso questa ultima sfida dei 100 metri. Una sfida davvero mozzafiato, vinta da Martina Caironi (un oro come a Londra nel 2012) ma caratterizzata dalla caduta di Ambra Sabatini, finita a terra travolgendo Monica Contraffatto che, pur scivolando a sua volta, riusciva comunque a conquistare il terzo posto. Un epilogo incredibile dove la gioia di Martina (alla sua ultima gara) si è mescolata con il pianto di Ambra, dispiaciuta per l’amica Monica e per aver perso, a causa di un guasto alla protesi, una importante occasione della sua vita.
Ambra però ha solo 22 anni. E’giovane, combattiva, e si rifarà certamente a Los Angeles, ma non si può non pensare a quanta vita c’è in questa ragazza, già promettente mezzofondista che, dopo aver perso una gamba a 17 anni per un incidente in scooter, ha trovato la forza e il coraggio di ricominciare insieme alle sue compagne. Ambra nelle precedenti sfide aveva sempre vinto mettendoci anche il record del mondo (prima donna a scendere sotto i 14 secondi). La sua caduta ha permesso a Martina Caironi, all’ultima gara in carriera, di chiudere in bellezza diventando l’atleta più vincente della storia delle Paralimpiadi.
Sono storie di un’umanità senza uguali come quelle di Bebe Vio Grandis nel fioretto, di Simone Barlaam nel nuoto, di Assunta Legnante nel lancio del peso e del disco.
Bisognerebbe citarli tutti per la passione e la determinazione che tramettono: contagiosi esempi per ragazzi apparentemente più fortunati che però, a volte, perdono il senso migliore della vita.

La rinascita della Nazionale: stasera verifica a Budapest

Si fa un po’ fatica, dopo questi exploit, a rientrare nel solito tran tran calcistico. Si rischia di diventare moralisti e non solo per i lauti guadagni, non sempre giustificati, dei suoi protagonisti. Va però dato atto, e oggi a Budapest attendiamo la conferma, che gli azzurri, Spalletti in testa, hanno reagito nel migliore dei modi. Gli azzurri per averci rimesso il cuore dopo la figuraccia dell’Europeo. Il tecnico toscano per aver corretto certe esagerazioni, non solo tattiche, con cui a giugno aveva caricato i giocatori. Troppe pressioni, troppi comandamenti, troppe fumosità. Il calcio resta un gioco, che deve mantenere leggerezza e divertimento. Troppe tensioni, più che stimolare, confondono. Spalletti ha avuto il merito, non facile, di fare autocritica. Di ricominciare dalla semplicità. Cosa che i giocatori hanno apprezzato ritrovando carattere e passione. La capacità di correggere gli errori è un merito che va riconosciuto. A patto che Parigi non resti solo un episodio. Una bella partita è solo una bella partita. Ma se adesso pensiamo di essere dei fenomeni, è meglio tornare a casa prima che, a casa, ci rimandino degli avversari meno narcisi dei Blues.

Fonte: Il Sole 24 Ore