Punto dopo punto verso il destino

Perché leggere un libro dedicato a Sinner ma superato dai fatti (di quale portata, poi!) come Piovuto dal cielo?

Perché ne vale la pena, in ogni caso. Perché protagonista non è tanto l’ascesa di Jannik torneo dopo torneo (per la quale, in fondo, basta spendere una mezz’ora su Wikipedia e compulsare qualcuno dei migliaia di pezzi su Google), ma come l’ascesa si compie e soprattutto come cambia, nel frattempo, chi ne è artefice. Lo sguardo con cui i due giornalisti del Corriere della Sera, Gaia Piccardi (veterana delle cronache tennistiche e fresca vincitrice del Premiolino a Milano) e Marco Imarisio (inviato e sempre più presente in pagina sul tema), raccontano le gesta del numero uno del mondo è proprio questo.

La costruzione è cronologica ma con frequenti andirivieni temporali, tanti piccoli aneddoti e curiosità che dicono molto non solo del 23enne di Sesto Pusteria, ma anche di altri tennisti di questi anni (non poteva mancare un capitolo su Federer, Nadal e Djokovic, con la dichiarata adorazione per re Roger).

Piccardi e Imarisio si soffermano a lungo sulle radici altoatesine di Jannik, sull’educazione ricevuta dai genitori, sul mondo fatto di essenzialità e rigore quasi calvinista in cui cresce, dopo essere arrivato inaspettatamente: i genitori avevano già adottato Mark, al quale lui è legatissimo. Ricordano il decisionismo che mostra sin da bambino, quando tra lo sci e il tennis sceglie il secondo senza mai guardarsi indietro. Descrivono i suoi primi maestri che, increduli, si rendono conto di avere di fronte un talento diverso dagli altri. L’esempio di una famiglia semplice (il papà cuoco, la mamma cameriera), affiatata e votata all’etica del lavoro e del sacrificio – all’interno di una comunità che condivide i medesimi principi – è determinante per la formazione di Sinner. Che alla fine di ogni torneo vinto esprime una gioia composta e subito dopo ricorda che c’è tanto lavoro da fare, che si può migliorare, che gli obiettivi davanti sono tanti. Non sono parole di circostanza. Lui, del resto, è un manifesto vivente di quel che dice. A 13 anni lascia la sua terra e si trasferisce a Bordighera per fare il salto di qualità: impara e si allena nel centro di Riccardo Piatti. Lo chiamano il «meccanico dei campioni»: quando c’è qualcosa che non funziona, si rivolgono a lui i più grandi, da Djokovic a Maria Sharapova. Anche a distanza, attraverso i video, come accade per Nadal. Un guru, non solo uno competente. L’unico traguardo che gli manca, da allenatore, è la vittoria di uno Slam e quando s’imbatte in Sinner capisce subito che potrà colmare quella lacuna.

Le pagine sul riconoscimento del predestinato e il clamoroso abbandono del maestro sono tra le più riuscite e interessanti. I successi nei primi tornei e la consacrazione nelle Next Gen Finals, giunta nel 2019, fanno il paio con l’impazienza di Jannik che sente di poter e voler fare di più, e più in fretta. Piatti, con cui è cresciuto dentro e fuori il campo da tennis (quante partite dei Big Three viste e commentate anche con Rocco, il figlio di Riccardo, quante estati all’Elba tra racchette e tuffi), diventa un freno non più tollerabile. A 21 anni, quando è numero 10 del mondo, si consuma il divorzio, con tanto di questioni legali da dirimere. Fa impressione lo scarno comunicato con cui viene data la notizia: «Ricardo Piatti e Jannik Sinner announce the termination of their partnership by mutual consent», cui segue, immediata, la rettifica con il nome Riccardo scritto correttamente.

Fonte: Il Sole 24 Ore