La ceramica di Meneguzzo, colori e forme d’incanto

Non so dove vada, ogni volta, a (ri)pescarli. Certo che il fiuto, e il mestiere, di Giorgio Mastinu, gallerista, cultore della materia, meticoloso indagatore e “raccoglitore” del Novecento più raffinato, e trascurato – con qualche stella polare ben fissa come Enzo Mari (di cui ha recuperato pezzi strepitosi) –, son clamorosi. Per esempio, ora, nel suo piccolo e perfettamente predisposto atelier veneziano, ha racimolato una trentina di ceramiche di Franco Meneguzzo, protagonista agli albori del design italiano e creatore, con Bruno Danese, di uno quei sodalizi (certo, poi Danese andò per la sua strada: e che splendida cavalcata) che hanno fatto la storia del settore (e della società). Uso la parola “design” con prudenza, sicuro che qualche maestro della critica (da Dorfles a Licisco Magagnato, che subito si accorsero di lui) mi darebbe qualche bacchettata. Amico di Danese dalla gioventù – erano di Valdagno –, Meneguzzo (1924-2008) stringe con lui un’alleanza che prevede il trasferimento a Milano e la creazione di una collezione, subito in catalogo. Eppure, sebbene i tempi e le circostanze lo chiedano, non siamo nel campo del seriale. Meneguzzo non scappa, né vuole, dalla dimensione dell’artista, la asseconda, e ogni volta crea un oggetto che rimane unico, seppur in serie di simili, a documentare la fase pionieristica del made in Italy, ma anche l’inestricabile nodo che vincola arte & artigianato o industriale vs irripetibile. Vaschette e vassoi in ceramica colorata, squillante, lucida, vasi irregolari, porta oggetti talora piccolissimi, ciotole, svuotatasche, posacenere (per dire della divergenza di cui sopra, poi, Danese avrebbe editato il «Cubo» di Munari, e mi taccio): in tutti e ciascuno si riconosce il brivido dell’irregolare, la sostanza della forma, la bellezza della manualità. Il soffio del genio. Un artista (e designer!) da riscoprire.

Fonte: Il Sole 24 Ore