Cdm, ok Dpcm privatizzazione Poste: Stato resta sopra 50%

Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, ha approvato, in esame definitivo, il decreto del presidente del Consiglio dei ministri che regolamenta l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Mef in Poste Italiane, al fine di determinare il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di Poste, anche per il tramite di società direttamente o indirettamente controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze, superiore al 50%. Lo si legge nella nota diffusa dopo il Cdm. Il testo tiene conto dei pareri espressi dalle competenti Commissioni parlamentari

La privatizzazione di una quota di Poste Italiane – dopo quella avviata nel 2015 dal governo di Matteo Renzi – fa parte del piano da 20 miliardi in tre anni annunciato con la scorsa legge di Bilancio. Lo Stato attualmente detiene il 64% della società attraversi il Ministero dell’Economia e delle Finanze (29,26%) e dal Cassa Depositi e Prestiti (35%). Il lavoro sul Dpcm era iniziato da mesi: una bozza circolata lo scorso marzo prevedeva che lo Stato mantenesse una partecipazione non inferiore al 35%.

Dopo le polemiche il governo aveva assicurato – ne aveva parlato in audizione in Parlamento il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – che la cessione di una nuova quota di Poste non avrebbe portato la quota pubblica sotto il 51%, quindi senza la cessione del controllo che sarebbe restata allo Stato, come previsto dallo statuto dell’azienda che «prevede che nessun soggetto diverso dal Mef, da enti pubblici o da soggetti da questi controllati, può detenere una quota superiore al 5 per cento del capitale della società».

Poste Italiane resterà dunque sotto il controllo pubblico, sul modello di aziende come Eni, Enel o Leonardo cercando di favorire anche una «maggiore democrazia economica, non solo maggiore efficienza e redditività in capo alla società».

Fonte: Il Sole 24 Ore