Lina Botero: mio padre ha dipinto fino all’ultimo, era veramente felice

«Il sogno di mio padre era morire come è morto Picasso, con il pennello in mano. E mio padre fino a quattro giorni prima di morire, stava al suo tavolo di lavoro a fare degli acquerelli meravigliosi che lui a 91 anni faceva con una freschezza, una poesia e una precisione incredibile. Vederlo lavorare era fantastico perché si dimenticava la sua età, rientrava nel suo mondo creativo ed era veramente felice». Lina Botero, figlia del celebre artista colombiano Fernando Botero, curatrice della mostra romana a palazzo Bonaparte, ricorda il padre, la sua arte, i suoi sogni, in una videointervista rilasciata al Sole 24 Ore all’inaugurazione della restrospettiva dedicata al maestro. L’amore per i volumi che ha contraddistinto l’artista, la nascita delle iconiche figure di proporzioni esagerate che ritraggono l’umanità in tutte le sue sfaccettature.

Il fascino del volume

Per l’artista l’Italia è stata importantissima. Qui studiò a fondo le opere del Rinascimento, si avvicinò alle figure monumentali, sensuali e sinuose. Il fascino per le rotondità e per il volume lo ha accompagnato per tutta la vita. «Mio padre – sottolinea Lina Botero – ha sempre avuto un fascino quasi innato per il volume che lui stesso non è mai riuscito a spiegare. Ma quando lui è arrivato per la prima volta in Europa, che aveva 19 anni, ha incontrato per la prima volta l’arte del Quattrocento. Subito è riuscito a razionalizzare, intellettualizzare questo fascino per il volume e a capire l’importanza che il volume ha avuto attraverso la storia dell’arte, nelle opere dei grandi artisti del Quattrocento italiano, che è l’arte che lui ammirava di più. Tramite le opere di Piero della Francesca, di Paolo Uccello e leggendo i testi del critico d’arte molto importante di quell’epoca che si chiamava Bernard Berenson, è riuscito a capire l’importanza del volume. Per lui la bellezza e la sensualità nell’arte si trovava nell’esaltazione del volume».

Il legame con la Versilia

Importantissimo il suo legame con la Versilia e in particolare con Pietrasanta. Lì ha aperto uno studio a poca distanza dal Duomo di San Martino e ha utilizzato le più importanti fonderie artistiche di bronzo della zona per le sue opere. Cittadino onorario di Pietrasanta, ha donato molte sculture alla cittadina della Versilia e ha affrescato la piccola chiesa della Misericordia di Pietrasanta. E ha amato quei luoghi, tanto da voler essere seppellito lì. «Mio padre – racconta Lina Botero – ha comprato una casa lì nel 1983 e per più di quarant’anni ha lavorato li ogni estate. Lavorava da solo, ma collaborava con le fonderie e le meravigliose “marmolerie” che si trovano a Pietrasanta».

L’arte per essere univerale deve essere prima di tutto locale

Botero è sempre rimasto legato alle tematiche latino americane. «Mio padre è sempre stato molto fedele alla sua tematica latino americana perché ha capito molto giovane che l’arte per essere universale deve essere prima di tutto locale. E allora anche se ha vissuto la maggior parte della sua vita fuori della Colombia, la sua tematica principale è sempre stata quella dei suoi ricordi della sua infanzia e adolescenza e del mondo provinciale che era in quell’epoca la Medellin degli anni 30 e 40».

Fonte: Il Sole 24 Ore