Danni di immagine, i costruttori dello yacht Bayesian chiedono 222 mln all’armatore

I costruttori del Bayesian chiedono un maxi risarcimento all’armatore. Un indennizzo di 222 milioni di euro per l’affondamento dello yacht battente bandiera britannica colato a picco all’alba del 19 agosto di fronte al porto di Porticello, causando la morte di sette persone, tra cui il tycoon inglese Mike Lynch. Ad avanzare la richiesta è The Italian Sea Group, guidata dall’imprenditore Giovanni Costantino che, nel 2021, aveva rilevato il marchio Perini Navi salvandolo dal fallimento. La società, quotata in borsa, ora detiene gli asset del cantiere di Viareggio che, nel 2008, costruì il veliero lungo 56 metri e con un albero maestro da 75 metri in alluminio, il più alto al mondo di questo tipo. Lo scrive il Giornale di Sicilia, ricostruendo la vicenda legata al maxi risarcimento.

Chiamata in causa la vedova del tycoon Lynch

Il gruppo Tisg ha incaricato lo studio legale BdPmarine&law, rappresentato dall’avvocato Tommaso Bertuccelli, di avviare un’azione legale al Tribunale di Termini Imerese, chiedendo poco più di 222 milioni di euro per i danni di immagine legati al naufragio del panfilo di grande valore, definito fino a quel momento “inaffondabile”. A essere chiamati in causa sarebbe la Revtom Limited con sede nell’isola di Man, amministrata formalmente da Angela Bacares, la vedova di Lynch, che rappresenterebbe quindi l’armatore e la proprietà del Bayesian responsabile in base al Codice della navigazione dei danni provocati dall’equipaggio, e gli operatori globali della nautica di lusso, Camper & Nicholsons International, ai quali era affidato il compito di gestire l’imbarcazione che – secondo i legali di TISG – avrebbero selezionato un comandante non altezza della situazione per governare uno yacht così tecnologicamente avanzato.

Citato in giudizio anche l’equipaggio superstite

A essere citati in giudizio, inoltre, ci sarebbero anche i tre componenti dell’equipaggio che sono stati indagati dalla Procura, per omicidio colposo plurimo e naufragio colposo, ovvero il comandante neozelandese James Cutfield, l’ufficiale di macchina Tim Parker Eaton e il marinaio Matthew Griffith che era di guardia in plancia la notte della tragedia. L’impatto del disastro non si sarebbe limitato esclusivamente alla drammatica perdita di vite umane e alla distruzione di una barca considerata come uno dei “gioielli” internazionali della marineria da diporto, ma avrebbe dunque causato anche un danno d’immagine alla società costruttrice del mega yacht.

Fonte: Il Sole 24 Ore