L’eredità di Satoru Iwata, la strategia Oceano Blu e la nuova Nintendo Switch

Negli anni 2000, Nintendo per la prima volta sentiva la pressione della concorrenza di Sony e Microsoft, che dominavano il mercato delle console con PlayStation 2 e Xbox. È da questo periodo che bisogna partire per raccontare i 134 anni di vita di un’azienda che per più tempo ha prodotto e vissuto di videogiochi. Una storia che parte dal 2000, un momento in cui l’azienda sembrava ormai destinata a scomparire. E inizia con un uomo, Satoru Iwata, uno dei più incredibili e brillanti manager dell’industria dei videogiochi, scomparso nel 2015 prima del lancio di Nintendo Switch. Quest’ultima console è probabilmente il suo ultimo e più ispirato lascito a un’azienda che ha venduto, nel corso della sua storia, oltre 577 milioni di console, raggiungendo una capitalizzazione di mercato di 50-60 miliardi di dollari. Un record, se si pensa che la Grande N non è un gigante dell’IT prestato ai videogiochi come Sony e Microsoft, ma un’azienda quasi artigianale che usa la tecnologia per creare divertimento.

Ma torniamo al 2000, quando nasce quella che cinque anni dopo sarebbe stata definita dagli economisti W. Chan Kim e Renée Mauborgne, dell’istituto francese INSEAD, come la strategia dell’“Oceano Blu”. Siamo alla fine del ciclo di vita della console domestica GameCube; il Game Boy, dopo aver raggiunto numeri di vendita incredibili, cominciava a perdere slancio, mentre fuori imperversava il best seller fantascientifico “Halo” su Xbox e la PS2 si confermava la macchina da gioco tecnologicamente più avanzata dell’epoca, con un lettore DVD integrato e la capacità di riprodurre grafica 3D di alta qualità. Fu in quegli anni che Satoru Iwata concepì qualcosa di nuovo. Il nome in codice era “Revolution”. “Non credo che le console di prossima generazione che Sony e Microsoft stanno considerando abbiano un futuro”, dichiarò prima di svelare quella che sarebbe stata la più grande singolarità dell’industria del videogioco.

Mentre il mondo della tecnologia delineava per i videogiochi un futuro ad alta densità tecnologica con streaming, 3D e grafica di altissima qualità, Nintendo uscì sul mercato con una console con un hardware più economico e obsoleto, ma con un’idea di gioco innovativa. Grazie all’intuizione di Iwata e del suo team, per la prima volta il videogioco ampliò il suo pubblico tradizionale di giovanissimi. Il controller, che fino ad allora aveva troppi stick ed era troppo complicato per i genitori dell’epoca, diventò una sorta di telecomando, qualcosa di familiare, in grado di rilevare il movimento della mano. Grazie al suo innovativo sistema di controllo basato sul movimento, si trasformava in una racchetta da tennis, una pistola o una canna da pesca.

Il risultato? La Nintendo Wii, lanciata nel 2006, conquistò il mercato delle console battendo PS3 e Xbox 360 e raggiungendo la cifra record di 100 milioni di unità vendute. Così prese forma la strategia dell’Oceano Blu, spiegata in modo straordinariamente semplice nel libro autobiografico “Chiedi a Iwata”. Nintendo, invece di navigare in mari rossi pieni di pesci e concorrenza, scelse di adottare un approccio diverso, creando un nuovo mercato rivolto a un pubblico più ampio, inclusi i non-giocatori. Giocò una partita diversa, puntando sull’innovazione, sul senso del gioco e del divertimento, anche grazie al talento-bambino di un genio come Shigeru Miyamoto, l’inventore, tra le altre cose, di Super Mario.

In ogni prodotto della Grande N c’è sempre qualcosa di antico e stupefacente che parla più al nostro essere bambini che agli effetti “wow” indotti dai giganti delle tecnologie. E’ una piccola magia che solo a Kyoto conoscono. Quando non funziona più , quando Super Mario, Zelda e Kirby smettono di entusiasmati, magari perché passi ad altri giochi vuole dire che sei diventato più adulto e forse ti sei perso per strada qualcosa.

Fonte: Il Sole 24 Ore