sfide e opportunità nell’era del smart working”

Negli ultimi anni, il mercato del lavoro italiano ha subito profondi cambiamenti e la pandemia di COVID-19 ha agito da ulteriore acceleratore, influenzando tanto la domanda quanto l’offerta di nuova occupazione. Un tema noto, ampiamente dibattuto sull’onda di fenomeni che hanno ulteriormente “destabilizzato” gli equilibri pregressi (come il quiet quitting o la great resignation) e che rimane comunque di stretta attualità.

L’ultima edizione dell’Osservatorio Managerial Learning curato da Asfor in collaborazione con ISVI (Istituto per i Valori di Impresa) ha messo a fuoco le dinamiche attuali del mondo delle professioni focalizzandosi su come le persone percepiscono e vivono il loro impiego, le loro aspettative future e le inquietudini che ne derivano. Oltre mille i lavoratori dipendenti oggetto di un’indagine che ha confermato da una parte la persistenza di alcune fragilità strutturali (in primis la stagnante situazione retributiva o la scarsa flessibilità degli orari lavorativi) e dall’altra un cambiamento nei valori associati al lavoro stesso, che soprattutto per i più giovani non è più al centro della loro identità e delle loro priorità.

La possibilità di avere un migliore work life balance attraverso lo smart working, per esempio, è per molti un aspetto cruciale e per le aziende questo significa affrontare sfide ancora più impegnative per attrarre e trattenere i talenti. Tanti gli argomenti aperti sul tavolo dei manager, dai nuovi stili di leadership alla qualità delle relazioni sul luogo di lavoro fino alle azioni da intraprendere per aumentare l’engagement dei lavoratori. Ne abbiamo parlato con Reza Arabnia, Presidente ISVI e Gecofin.

Il valore generato dal lavoro (e quello soggettivamente attribuito al lavoro) è un tema che chiama a un’evoluzione culturale imprenditori e manager? E in quale forma? 

È evidente che stiamo vivendo un cambio di paradigma nel mondo del lavoro, perché il significato che gli si attribuisce è diverso e il periodo delle “grandi dimissioni” successivo al 2020 ha messo in luce molto chiaramente quanto siano mutate le priorità delle persone e di conseguenza il valore che attribuiscono al lavoro stesso. La questione oggi poi è molto complessa perché, per la prima volta, stanno convivendo cinque generazioni diverse allo stesso tempo, con motivazioni contrastanti, e in moltissimi casi né i responsabili delle risorse umane né tantomeno le direzioni aziendali sono preparati per affrontare questa situazione. È necessario, invece, che i leader riconoscano e valorizzino il contributo del lavoro al benessere individuale e collettivo, impegnandosi a creare un clima positivo e inclusivo, dove i dipendenti sentano di poter realizzare appieno il proprio potenziale.

Fonte: Il Sole 24 Ore