Auto cinesi.Troppi brand: selezione darwiniana

Quanto pesa il marchio nella penetrazione che le auto cinesi stanno avviando nei mercati europei? O forse dovremmo anche chiederci quanto “non” pesi? Siamo abituati a marchi storici, ognuno con una sua identità e con dietro un’industria riconosciuta. Ma era tanto tempo fa. Poi sono arrivate le logiche industriali a raggruppare più brand per creare le sinergie essenziali.

Le diversità si sono affievolite a beneficio delle somiglianze, ma ci facevamo poco caso perché il marchio ancora evocava la sua riconoscibilità. Adesso l’industria cinese propone una varietà di prodotti e di modelli, e fin qui va bene, ma pure di brand. Tutti sconosciuti o quasi, eppure tutti desiderosi di non esserlo e di affermarsi, tutti o quasi con lo zero-virgola di quota e tutti, senza quasi, con l’ambizione di arrivare all’unità e poi superarla. Quanto aiuta questa proliferazione di marchi? Verrebbe da pensare, e tanti lo fanno, che ormai il brand nell’auto non sia così importante, che altre siano le leve. In effetti, chi questi nuovi modelli li vende conferma che il principale fattore di successo sia il posizionamento in quella fascia di prezzo abbandonata dai costruttori incumbent. Subito dopo però ci sono il design, innovativo e spesso davvero bello, e la qualità del prodotto – quella percepita, dicono i detrattori. Vero, ma oggi chi è in grado di valutare la qualità di un’auto nuova? Nessuno, appunto, ed è per questo che ci si affida al brand di cui si conoscono pregi e aspetti meno forti. In realtà, non è proprio così. Sempre chi vende riferisce che i consumatori, attratti dal prezzo e dal look, vanno poi verificare di persona se valga davvero la pena. Toccano la selleria, misurano l’ergonomia degli interni, sfidano il touch-screen e le sue diavolerie,
forse non così ancillari come gli esperti, e anche un po’
old-fashion, ammettiamolo, ritengono. In sostanza,
la qualità è ciò che riesco
a percepire e il resto
non mi interessa.

Sarà, ma ci sono indizi che suggeriscono di aspettare a giubilare il valore del brand, che è stato ed è strategico nell’auto e fuori. Da un lato ci sono costruttori che seguono la via canonica, addirittura acquistando brand storici, non solo nell’auto ma anche nelle moto. Dall’altro il fatto che l’industria automobilistica cinese non è affatto matura come quella occidentale, ma in pieno sviluppo, ed è dunque normale che sforni nuovi brand che saranno soggetti a una selezione darwiniana, com’è stato da noi nel secolo scorso. In aggiunta, è un’industria che non nasce dall’artigianato com’è stata la nostra ma da grandi gruppi, per cui ci può stare che qualcuno abbia anche l’approccio del produttore-conto-terzi: mettici
il brand che vuoi.

Fonte: Il Sole 24 Ore