Diego Garcia rimane base militare”

Dal nostro corrispondente

NEW DELHI – Chiunque abbia mai condotto un negoziato sa che il modo più semplice per ottenere ciò che si vuole consiste nell’offrire alla controparte qualcosa di cui si può fare a meno.

Diego Garcia resta al Regno Unito per 99 anni

La regola è stata applicata magistralmente dal governo britannico, che giovedì ha ceduto il controllo delle Isole Chagos a Mauritius. La contropartita è di quelle di cui Downing Street e la Casa Bianca non potevano fare a meno. Si chiama Diego Garcia ed è l’isola-base militare nel cuore dell’Oceano Indiano che, secondo il patto siglato tra Londra e Port Louis, per i prossimi 99 anni continuerà a essere una sorta di gigantesca portaerei – in grado di far decollare bombardieri, non semplici caccia – strategicamente collocata in uno dei quadranti più cruciali dello scacchiere geopolitico mondiale. È da Diego Garcia che durante le guerre in Afghanistan e Iraq si alzavano in volo i B-52 americani. Ed è dalle acque che la circondano che transita il traffico di merci, gas e petrolio che fa della direttrice tra Estremo e Medio Oriente la più importante, delicata e studiata del secolo asiatico.

Una lunga storia

La vicenda che ha portato alla cessione delle Chagos è annosa. Affonda le sue radici nell’epoca della decolonizzazione, quando – nel 1965, tre anni prima dell’indipendenza di Mauritius – il Regno Unito, intuendo la futura importanza di quel pugno di isole, trasformò le Chagos (compresa Diego Garcia) nel British Indian Ocean Territory, così da separare il loro destino da quello, inevitabile, dalla presto libera Mauritius. L’anno successivo venne siglato il contratto di “affitto” con gli Stati Uniti e, a partire dagli anni 70, iniziò la deportazione degli abitanti per far posto sull’isola principale dell’arcipelago, Diego Garcia appunto, a una base militare.

Cambio di approccio

L’accordo siglato giovedì segna un cambio di approccio da parte del governo britannico, la cui linea è sempre stata sostanzialmente la seguente: gli abitanti originari dell’arcipelago non potranno mai farvi ritorno. Negli anni però le pressioni si sono fatte più forti. Prima è toccato ad alcuni Stati Africani. Poi anche le Nazioni Unite, nel 2019, si sono pronunciate sulla questione, con un risoluzione non vincolante che sosteneva che il Regno Unito dovesse cedere il controllo delle isole e consentire il ritorno degli abitanti. Lo scorso anno Human Rights Watch ha definito la vicenda «un crimine contro l’umanità perpetrato da una potenza coloniale contro una popolazione indigena» Non esattamente una medaglia da appendersi al petto, specialmente in un’epoca di profondo riesame dei peccati originali delle potenze occidentali come questa.

Fonte: Il Sole 24 Ore