Eredità Agnelli, accusa di truffa aggravata per l’evasione della successione

La contestazione di truffa aggravata ai danni dello Stato è compatibile con l’evasione dell’imposta di successione, senza che questo comporti una duplicazione con l’accusa di evasione dell’Irpef. La Corte di cassazione, ha depositato le motivazioni (sentenza 36776) con le quali, il 4 luglio scorso, ha confermato la validità del sequestro eseguito dalla Procura di Torino nell’ambito dell’inchiesta sull’eredità di Gianni Agnelli. La Suprema corte ha respinto il ricorso presentato dagli indagati John, Lapo e Ginevra Elkann, figli di Margherita Agnelli, e Gianluca Ferrero, commercialista della famiglia. I giudici di legittimità hanno respinto gli argomenti della difesa contro la contestazione della truffa ai danni dello Stato e le censure sulla violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità in relazione al materiale informatico sequestrato.

Nessuno rapporto tra le due ipotesi di reato

Non è passata la tesi dei ricorrenti, secondo i quali l’accusa dell’evasione dell’imposta di successione, bollata dai giudici come truffa aggravata, era una “duplicazione” della contestazione di evasione fiscale relativa all’Irpes. La Suprema corte ha, infatti, chiarito che l’evasione della tassa di successione non rientra nel raggio d’azione delle norme che puniscono i reati tributari (Dlgs 74/2000), ed è dunque “estranea a qualsivoglia rapporto di specialità rispetto alla normativa penalistico-tributaria”. E è dunque sottoposta alla nome generali, nello specifico all’articolo 640 del Codice penale secondo comma n.1 sulla truffa ai danni dello Stato. Gli ermellini negano quindi la duplicazione, per l’assenza di un rapporto tra le due ipotesi.

“Se così non fosse, del resto – si legge nella sentenza – la fattispecie criminosa della truffa ai danni dello Stato, connessa all’evasione delle tasse di successione, rimarrebbe impunita, in quanto assorbita da una legge speciale, che tale tuttavia non può considerarsi nella materia in esame, giacché del tutto silente sul punto”. La Cassazione è in linea con il giudice del riesame anche nel considerare irrilevante, ai fini del fumus del reato contestato, la circostanza che i ricorrenti non avessoro ancora assunto la veste attuale di eredi “essendosi costoro comportati come successori di fatto nei confronti dei beni esteri che, in quanto presumibilmente appartenuti al de cuius, dovranno far parte della ricostituzione dell’asse ereditario e, dunque, della nuova liquidazione di imposta secondo il diritto italiano”. Norme interne, precisa la Suprema corte, secondo le quali la dichiarazione di successione va presentata “dai chiamati all’eredità, a prescindere dalla loro qualità di eredi”.

Il ruolo del commercialista

Non passa neppure il ricorso di Gianluca Ferrero contro il sequestro probatorio, deciso nei suoi confronti in qualità di consulente commercialista di Marella Caracciolo. Un ruolo che, secondo gli indizi, avrebbe svolto nei confronti della sua cliente “assistendola finchè viva”, e supportandola nel mantenere “l’apparente residenza fiscale estera anche post mortem al fine di consentire la presentazione delle ultime dichiarazioni”. L’accusa mossa è di essere andato oltre il parere professionale “arrivando a fornire consigli e strumenti concreti per attuare l’illecito medesimo”.

Il procedimento è quello originato da un esposto che Margherita Agnelli, la figlia dell’avvocato Gianni Agnelli, ha presentato a Torino nel dicembre del 2022. Lo scorso febbraio la Procura aveva ordinato alla guardia di finanza un primo sequestro; nei giorni successivi il tribunale del riesame aveva dichiarato la legittimità soltanto parziale del provvedimento. I pubblici ministeri però trattennero il materiale prelevato dalle fiamme gialle e ai primi di marzo disposero un secondo sequestro, che questa volta fu integralmente confermato dai giudici.

Fonte: Il Sole 24 Ore