Beyond Meat batte Francia: secondo la Corte Ue potrà chiamare burger i prodotti senza carne

Beyond meat la spunta contro il Governo francese: i suoi prodotti di punta potranno continuare a chiamarsi Unconventional Burger, o Beyond Burger, anche se integralmente costituiti da proteine vegetali. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue, chiamata a pronunciarsi in una causa intentata dall’azienda californiana pioniera del plant based (insieme con Association Proteines France, Union vegetarienne europeenne -Evu, Association vegeterienne de France -Avf), contro il decreto francese che vieta l’uso di termini tradizionali legati al mondo animale per prodotti a base di proteine vegetali. Sul piatto la richiesta di annullamento di una norma considerata “non conforme” al regolamento dell’Unione, il cui pilastro è l’obbligo di denominazione degli alimenti. Istanza accolta.

I giudici del Lussemburgo hanno stabilito che, in assenza di denominazioni legali ad hoc, uno Stato membro non possa impedire ai produttori di utilizzare termini tradizionalmente associati ai cibi di origine animale per commercializzare cibi plant based. Non solo: per la Corte di Giutizia l’uso di denominazioni “usuali o descrittive” risponde all’obbligo – in assenza di diciture ufficiali – di indicare sempre il nome degli alimenti. Ciò premesso – aggiungono i giudici – se un’autorità nazionale ritiene che le modalità concrete di vendita o di promozione di un alimento inducano in errore il consumatore, potrà perseguire l’operatore e dimostrare che la presunzione di cui sopra è confutata.
I giudici hanno bocciato anche i provvedimenti nazionali che stabiliscono tenori di proteine vegetali (minimi) al di sotto dei quali il termine fake è consentito.

La norma nel mirino è una fotocopia (anche per quanto concerne quest’ultimo aspetto) dell’articolo di legge introdotto lo scorso inverno in Italia con il divieto di produzione e la commercializzazione di prodotti da coltura cellulare. Un giro di vite che ha mandato in fibrillazione un pezzo di industria alimentare italiana (parliamo di un fatturato da 500 milioni) e che di fatto – non è mai diventato operativo, in assenza di un decreto attuativo. La sentenza di oggi della Corte Ue dovrebbe mettere la pietra tombale sulla vicenda.

Fonte: Il Sole 24 Ore