Aumento accise sul gasolio: autotrasporto in allarme per i costi

Autotrasporto in agitazione. Un eventuale aumento delle accise sul gasolio (11 centesimi al litro, da 61,7 a 72,8 centesimi), ipotesi al quale starebbe lavorando il governo in vista della prossima legge di bilancio allineando le aliquote sul diesel a quelle sulla benzina, potrebbe tradursi in una stangata per il settore da oltre 350 milioni di euro l’anno (stima Assotir). I più colpiti, però, sarebbero i consumatori finali, attraverso la complessa catena dei rincari innescati da questa manovra. Lo dice Hannes Baumgartner, amministratore delegato di Fercam, gruppo altoatesino (la sede centrale è a Bolzano) di trasporti e logistica. Fercam è una realtà da oltre 1 miliardo di fatturato, con 2.200 dipendenti e una flotta composta da 3.500 unità di carico.

Il caso Fercam

Spiega Baumgartner: «Nel caso della nostra azienda, il costo del carburante pesa per circa il 30% sui costi totali dell’attività di autotrasporto merci: il personale pesa per il 50% mentre il restante 20% è rappresentato da costi di struttura, spese di manutenzione e altre voci. Nel caso di un rincaro delle accise sul gasolio, noi non abbiamo i margini per assorbire interamente questo aumento e saremo costretti a riversare parte dell’aumento sulle tariffe applicate ai nostri clienti. I quali, a loro volta, trasferirebbero questi aumenti sul prezzo finale di vendita del prodotto. Ecco perché sosteniamo che alla fine a pagare sarà soprattutto il consumatore».

Fercam lavora per una pluralità di aziende industriali. Continua Baumgartner: «Abbiamo clienti nei settori metallurgico, automotive, vetro, carta, ma anche acqua mirale e pannolini per bebè. Trasportiamo la merce sia in Italia sia all’estero. Un rincaro delle accise sul gasolio sarebbe un danno anche per l’export dei prodotti italiani».

C’è poi un ulteriore aspetto da considerare: è vero che gli autotrasportatori possono ottenere un parziale rimborso delle accise sul carburante, ma ciò vale solo per chi usa veicoli industriali con massa superiore a 7,5 tonnellate e con motore Euro V o superiore. È escluso quindi tutto il settore della distribuzione, compresa quella urbana e chi ha veicoli pesanti fino all’Euro IV. Si stima che i veicoli industriali Euro V ed Euro VI siano solo il 37,4% del parco circolante italiano.

Il caso Futura

Lo spiega Gerardo Cardone, amministratore delegato di Futura, operatore logistico di Udine attivo nel settore food&beverage, specializzato in particolare nell’e-commerce alimentare, cioè nella consegna della spesa a casa. Futura dispone di circa 400 mezzi, tra veicoli pesanti e leggeri (Tir e furgoni), fattura circa 50 milioni l’anno e impiega 800 addetti diretti.

Fonte: Il Sole 24 Ore