Accise, dall’allineamento fra benzina e diesel possibile 1 miliardo in più per lo Stato

Quando si parla di rimodulazione delle accise le ipotesi tecniche corrono parecchio. Ma poi in genere scivolano su un terreno reso scivolosissimo dalla politica. Perché intorno ai numeri che cambiano più o meno velocemente sugli schermi dei distributori durante il rifornimento si consolida o si sgretola una fetta non marginale del consenso, non quantificabile ma molto cara a leader e aspiranti tali.

Le promesse di tagli

In questi giorni è tornato a girare sui social il video di Giorgia Meloni che nel 2019, alla guida di un’auto oltre che di un partito di opposizione allora piccolo ma in rapida crescita, affermava di pretendere che «le accise vengano progressivamente abolite». L’anno prima Matteo Salvini, in corsa verso le elezioni che poi avrebbero dato vita al Governo gialloverde, era più drastico nel promettere l’addio «subito» a sette vecchie accise, poi invece sopravvissute a tutti i successivi rivolgimenti politici del Paese. Ma la storia recente contempla anche le misure del Governo Draghi, che per frenare il balzo dei prezzi prodotto dall’invasione russa dell’Ucraina ha introdotto tagli temporanei alle accise poi più volte prorogati e rivisti fino al tramonto di fine 2022: con un costo di oltre 8 miliardi di euro finiti soprattutto nei conti famigliari degli italiani più ricchi, com’era ovvio per un taglio di un’entrata fiscale collegata ai consumi e come poi certificato dall’Ufficio parlamentare di bilancio; secondo cui il decile con maggiore capacità di spesa ha ottenuto 6,5 volte le risorse arrivate alla popolazione più povera.

L’accisa del gasolio

In un mare così mosso è dunque meglio buttarsi con il salvagente di qualche certezza. La prima è scritta nel catalogo annuale dei sussidi ambientalmente dannosi, redatto dal ministero dell’Ambiente per mettere in fila gli sconti fiscali alle attività inquinanti. «In Italia – si legge a pagina 109 dell’ultima edizione – l’accisa applicata per il gasolio per autotrazione è inferiore a quella della benzina e ciò non trova giustificazioni in termini ambientali».

Le richieste di Bruxelles

La questione è più stringente dal 2022, quando la Commissione europea ha cominciato a premere nelle «Raccomandazioni specifiche» all’Italia per una riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi, mentre a livello regolamentare iniziava a chiedere di abbandonare il legame fra richieste fiscali e volume dei carburanti venduti, tipico delle accise, per misurare le entrate in base al contenuto energetico e alla «prestazione ambientale» dei combustibili.

L’intervento del Governo

In questa cornice, obbligata anche se sideralmente distante dagli slogan delle promesse elettorali, si sta muovendo il Governo. Come? Lo spiega lo stesso Esecutivo nel Piano strutturale di bilancio ora all’esame delle Camere. A pagina 116 si sottolinea che «il riordino delle spese fiscali» è «un ambito di riforma di particolare importanza per il completamento dell’attuazione della legge delega fiscale»; e che fra i suoi obiettivi principali c’è «l’allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina». Tutto sta a intendersi su che cosa sia questo «allineamento».

Fonte: Il Sole 24 Ore