Nella partita dei rigori sbagliati vincono i viola

Venghino signori, venghino alla partita più pazza del mondo. E’ una magnifica occasione. Non perdetevi questo incredibile spettacolo che nel futuro resterà a ricordare dove finisce il calcio e comincia il ridicolo. Affrettatevi, è tutto vero, non c’è trucco, non c’è inganno.
Bisogna ridere per non piangere dopo questo surreale partita tra Fiorentina e Milan finita con la vittoria dei viola per 2-1. Una partita da comici di Zelig con l’arbitro Pairetto al posto di Bisio che, in preda a convulsioni da nuovo regolamento, punisce qualsiasi contrasto, anche il più innocente, tra i giocatori in campo.
Un innocuo calcetto? Rigore! Una banale spinta? Rigore! Alla fine, in questo surreale girotondo, Pairetto fischierà tre penalty: due per il Milan (tirati da Hernandez ed Abraham) e uno per la Fiorentina (Kean) che forse per contrappasso vengono tutti sbagliati, anzi parati dai portieri, De Gea e Maignan
Tre Rigori comunque assurdi. Che in Europa mai verrebbero fischiati e che tolgono credito a una partita che, invece, avrebbe potuto essere bella e interessante. E che alla fine premia giustamente la Fiorentina, più concreta e soprattutto più solida in difesa del Milan.
Per i rossoneri, al di là delle spericolate decisioni dell’arbitro, è un nuovo passo falso dopo il ko in Champions a Leverkusen. Uno scivolone, arrivato dopo tre successi consecutivi in campionato, che toglie al Milan la possibilità di agganciare l’Inter al secondo posto. Una sconfitta che apre nuovi dubbi: sia perchè fuori da San Siro il Diavolo non riesce a vincere, sia per i troppi errori in cui cadono i giocatori di Fonseca, rigori compresi. Discutibili anche alcune scelte del tecnico portoghese che nella ripresa sostituisce Leao e Pulisic, i più pericolosi tra i rossoneri in campo.
A parte la le condivisibili critiche a Pairetto (“Rigori assurdi, il calcio non è un circo”), Fonseca dovrebbe però farsi un esame di coscienza sulle troppe fragilità rossonere. Metterlo di nuovo sulla graticola è assurdo, ci mancherebbe. Perdere a Firenze ci sta. Forse però il tecnico rossonero dovrebbe essere più cauto nelle dichiarazioni. Soprattutto quando afferma che con Pioli il Milan “giocava partite individuali senza difendere bene e affidandosi solo al contropiede”. Strano che quel Milan abbia vinto uno scudetto e sia arrivato due volte secondo. Quando ci arriverà Fonseca, ne riparleremo. Poco credibile anche quando il tecnico dice di essere incavolato perchè i rigori, secondo le sue indicazioni, avrebbero dovuto tirarli Pulisic, non Hernandez e Abraham. Ma lui dov’era? Perchè non lo ascoltano? Anche in questo caso Fonseca non ne esce bene.
Per la cronaca, la Fiorentina è andata i vantaggio nel primo tempo con un preciso rasoterra dell’ex Adli. Dopo il pareggio di Pulisic è l’islandese Gudmundsson a firmare il 2-1 viola. Ultima tegola per i rossoneri: Hernandez, oltre a sbagliare il rigore, nel finale si fa anche espellere. Ieri era il suo compleanno. Auguri, anche tardivi.

Il super bonus del Napoli

E allora? Conte numero uno? Vota Antonio? Bisogna proprio dar ragione a chi sostiene che con Antonio Conte in panchina si parte già con super bonus di vantaggio? O siamo invece al culto della personalità? Al trito luogo comune del “sergente di ferro” un po’ fulminato che con urla e cento piegamenti mette in riga la truppa?Dopo sette giornate, e prima della sosta della nazionale, con l’Inter che regge, la Juve che frena e il Milan che ripiomba nel caos, bisogna ammettere una cosa: che il Napoli, con Conte alla guida, ha cambiato faccia. Era un gruppo allo sbando, con un presidente che bruciava gli allenatori come legna secca, e ora, dopo solo due mesi, non solo è capolista ma anche ben intenzionato a rivincere lo scudetto. Conte non lo dice, e fa bene, ma il bello è che non osa dirlo neppure De Laurentiis, giustamente silenziato da un allenatore finalmente in grado di rubargli la scena. Sembra poco, ma in realtà è tutto. Un miracolo che neppure San Gennaro. Non solo Conte è riuscito a scucire al presidente quasi 100 milioni per portare a Napoli i protagonisti che voleva (McTominy, Lukaku e Neres), ma è pure riuscito a farlo stare zitto, impresa finora non realizzata neppure da Spalletti nell’ultimo scudetto. Qualcuno obietterà: quando si vince è tutto facile. Vero. Però questo Napoli, come si è visto a Como, va col vento in poppa. Oltre al fatto che a decidere al lago è stato proprio il trio meravigliao, quello che è importante è quanto i tre siano diventati imprescindibili punti di riferimento. Non era scontato. Anche la scommessa su Lukaku poteva andar male. Non era facile far dimenticare un centravanti come Osimhen. Le cifre non lasciano dubbi: nelle prime sette gare, il Napoli ha già realizzato 14 reti. E siamo solo all’inizio. Ci sono altri due elementi che giocano a favore di Conte, anche se non è un mostro di simpatia. Il primo è che pur essendo rigido nel tenere a bacchetta i giocatori, è però duttile nel modificare gli assetti tattici. Lukaku certo sposta gli equilibri, ma anche McTominay spesso schierato sulla linea degli attaccanti diventa un opzione offensiva in più. Il secondo vantaggio di Conte, paradossalmente, è quello di non avere impegni europei. Il Napoli ha tutta la settimana per allenarsi. Per Conte, che non è mai stato un fenomeno nel gestire i due fronti, questo diventa un altro vantaggio da non sottovalutare.

Inzaghi ringrazia Thuram

E l’Inter? La squadra di Inzaghi, battendo 3-2 il Torino, resta certamente in scia del Napoli. Un punto in meno, dopo sette turni, non conta nulla. Soprattutto se, come sabato a San Siro, trova un Thuram così scatenato da realizzare la prima tripletta in Italia diventando capocannoniere con sette gol. Pur essendo la terza vittoria consecutiva interista in una settimana, qua e là tra i nerazzurri si sono viste delle crepe inquietanti. E non solo in difesa. Il Torino, in dieci dal 20’ del primo tempo, è riuscito troppo spesso a minacciare Sommer. Qualcosa non va. Nove gol, subiti in sette partite, non sono da Inter. Le fatiche di Champions si sentono, l’assenza di Barella pure. E se Thuram va a mille, all’opposto Lautaro va spesso a vuoto. Capita a un centravanti, nulla di grave, almeno finché il francese lo sostituisce. Curiosa la metamorfosi di Thuram: un anno fa era un esterno, uno dei tanti, conosciuto da pochi. Ora è un bomber fatto e finito. Una fortuna per Inzaghi.

L’ingenua frenata della Juve

Chi non resta in scia è invece la Juventus, fermata in extremis dal Cagliari allo Stadium. Un pareggio (1-1) poco apprezzato da Thiago Motta sia per i troppi sprechi (dopo il gol di Vlahovic su rigore, sono state buttate via diverse occasioni) sia per il calo nella ripresa che ha permesso ai sardi (grazie a un’altra ingenuità di Douglas Luis) di raggiungere i bianconeri con un rigore realizzato da Marin. E nel recupero con un palo di Obert, quasi il Cagliari fa bottino pieno. “Abbiamo fatto quasi tutto noi, dovevamo continuare ad attaccare” precisa Motta con evidente disappunto. Che dire? Anche per la Juve l’Europa pesa. Oltre all’’assenza di Bremer, i postumi della super impresa di Lipsia si sono sentiti. Ormai in questo calcio si giocano quasi 50 partite all’anno. Le rose sono ampie, cinque sostituzioni aiutano, ma alla fine qualcosa si incrina. Non è vero che tutti sono uguali. Motta ci dovrà pensare.

Retegui fa volare l’Atalanta

A proposito di cannonieri non si può dimenticare l’altra tripletta, quella di Matteo Retegui, che ha permesso all’Atalanta di superare con una goleada (5-1) il fragile Genoa. Per Spalletti è una buona notizia. Di centravanti che segnino in Nazionale ne abbiamo sempre un disperato bisogno. E’ una buona notizia anche per Gasperini che, quest’anno, alterna grandi imprese a rocambolesche cadute. Anche lui ha in testa soprattutto l’Europa. Nel calcio siamo tutti europei. Solo in quello, però.

Fonte: Il Sole 24 Ore