Le restituzioni fanno grande morgantina

Terra di nóstos, la Sicilia. E Morgantina, nel cuore dell’isola, sui monti Erei, non sfugge a questo destino. Prima, nel 2011, il ritorno della bellissima Dea dal J. Paul Getty Museum di Malibu, poi quello della collezione di argenti, ora un altro ritorno a casa. Il 20 ottobre, ad Aidone, il comune sul cui territorio si trovano gli scavi della polis greca e il museo che ne racconta la storia e la cultura, ci sarà un’altra restituzione. L’occasione, voluta dal Comune di Aidone e dal Parco Archeologico Morgantina-Villa del Casale, è la celebrazione dei quarant’anni di vita del Museo archeologico che fu aperto il 20 ottobre 1984 nel convento di San Francesco. Ci sarà – come sottolinea la vice sindaco, Alessandra Mirabella che ha ideato l’evento – la posa di una lapide in ricordo del professor Malcolm Bell, scomparso a gennaio, già direttore degli scavi americani nella vallata del Gornalunga e protagonista del ritorno in Italia della Dea; ci sarà un convegno con gli archeologi Alex Walthall, Carla Antonaccio, Sandra Lucore, Shelley Stone, Henry Sharp, quasi un’eredità del lavoro di Bell, e avverrà anche la restituzione di una lekanís datata al IV secolo a.C. Il vaso entra nella collezione del museo di Morgantina per desiderio della scrittrice Marinella Fiume, la cui famiglia conservava in casa l’oggetto già prima della legge 1089/1939. Anche se la lekanís non può essere assegnata in modo definitivo a Morgantina, la tradizione orale e le analogie con altri oggetti indicano che il vaso proviene probabilmente da Serra Orlando.

Si tratta di un vaso a figure rosse con un’elaborata decorazione sia sul coperchio sia sulla ciotola, ancora integro perché depositato in una tomba da un parente in lutto con tanto di pasto per il defunto che doveva affrontare il viaggio negli Inferi. La raffinatezza del reperto ricorda quanto fosse ricca Morgantina e Shelley Stone, specialista in ceramica alla Missione archeologica americana di Morgantina, l’ha studiata: «La lekanís sembra essere un prodotto del Gruppo Lentini-Manfria, una o più botteghe attive dal 340-300 a.C. circa a Lentini, o, come suggeriscono alcuni studiosi, a Siracusa. È probabilmente opera del Pittore di Lentini, fondatore della bottega, data l’alta qualità della decorazione pittorica. Il vaso sembra risalire al 330 o 320 a.C. e il soggetto è tipico delle botteghe siciliane della fine del IV secolo, che, ad eccezione delle botteghe di Lipari, sembrano essere andate perdute intorno al 300 a.C. Sul coperchio si riconoscono due figure di Eros, una figura sdraiata, e un coniglio, un dono comune d’amore. Insolita è la figura frontale di Eros dal doppio profilo».

Dopo la restituzione di Marinella Fiume, tornare a Morgantina sarà sempre il bel viaggio, dalla visita dell’area archeologica al Museo. Che, raccolto e curatissimo, ripercorre la storia della città, anche grazie ad alcuni capolavori presenti. L’abitato di età protostorica e arcaica, che fu fondato dalla popolazione italica dei Morgeti, si estende sulla collina di Cittadella; su quella di Serra Orlando si è sviluppato dal V secolo a.C. l’abitato di età classica e, dal III secolo, quello di epoca ellenistica con edifici imponenti e ricche abitazioni, a conferma della centralità di Morgantina dove passavano commerci e scambi di idee e oggetti. La zona sacra si trova nella vallata di San Francesco Bisconti, fra le due alture, e le offerte votive hanno fatto ipotizzare il santuario fu consacrato alle divinità della terra, Demetra e Persefone. Nel 211 a.C. arrivano i Romani che distruggono la città ma Morgantina sopravvive fino al 25 a.C. quando, secondo Strabone, non esiste più.

Dopo i primi racconti di Tommaso Fazello nel 1558, i primi scavi iniziano solo nel 1884, seguiti anche da Paolo Orsi per arrivare al 1955, da quando vi lavorano missioni italiane e straniere. Questa storia si fa bellezza in alcuni capolavori della raccolta museale, come le due statue acrolitiche di Demetra e Kore, datate al 530-520 a.C. e il marmo dei cui frammenti viene dall’isola di Taso, nel nord del Mar Egeo. Con buona probabilità gli scultori hanno operato in Sicilia a conferma della continua mobilità degli artisti al servizio di potenti committenze locali. E come non ricordare la Dea di Morgantina, oggetto di una lunga vicenda di restituzione. Identificata con Afrodite, Demetra o Kore, è realizzata con tecnica pseudo-acrolitica: il corpo è in calcare, in origine dipinto di rosa e blu, e le parti nude di marmo. Datata al 420-410 a.C., sarebbe attribuibile a uno scultore attico, forse un allievo di Fidia, dalle abilità divine. Il peplo, quasi un bagnasciuga marmoreo modellato dall’artista, pare ricordare Jorge Luis Borges: «Dicono che Ulisse stanco di meraviglie pianse d’amore nel vedere Itaca umile e verde. L’arte è quell’Itaca, una verde eternità, non le meraviglie».

Fonte: Il Sole 24 Ore