Corte conti Ue: Green deal fermo nonostante i 378 miliardi di Pac

Un altro spread si aggira per l’Europa e non è il differenziale tra i titoli di Stato italiani e tedeschi, ma la distanza tra le ambizioni ambientali del nuovo Green Deal e i piani nazionali di applicazione della vecchia Politica agricola comune dopo l’ennesima riforma. «Un abisso» lo definisce addirittura l’ultima relazione della Corte dei conti europea pubblicata questa settimana per valutare il raggiungimento degli obiettivi di tutela ambientale che la Pac 2021-27 ha affidato in larga parte agli Stati membri.

Per mantenere l’unità della prima politica economica europea nel contesto estremamente differenziato rappresentato dai sistemi agricoli dei 27, e scongiurare il pericolo di una progressiva rinazionalizzazione della Pac, l’ultima riforma ha delegato ampiamente ai singoli partner la scelta delle misure su cui puntare nell’ambito di un vasto menu fissato a livello Ue per spendere i 378,5 miliardi di euro (all’Italia circa 5 miliardi l’anno) garantiti da Bruxelles nell’intero periodo, che ancora rappresentano il 31% dell’intero bilancio comunitario.

Una critica, quella della Corte europea, che può essere letta in chiave positiva viste le difficoltà che i nuovi vincoli ambientali (ai quali è subordinato un terzo dei premi) hanno causato alle aziende agricole anche in termini di aggravi burocratici. Non a caso, come ricorda la stessa relazione, questi obblighi sono stati in parte allentati o rimossi di fronte alla crisi degli approvvigionamenti scatenata dal conflitto russo-ucraino: tutti gli Stati membri si sono avvalsi delle esenzioni, mentre alcuni hanno ridotto o ritardato l’applicazione delle “misure verdi” necessarie per ottenere i fondi Ue.

Come ad esempio è successo per la messa a riposo obbligatoria del 5% dei terreni aziendali da destinare a opere paesaggistiche o ambientali, quando il deficit di cereali, aggravato anche dalle difficoltà logistiche, ha raggiunto percentuali record, soprattutto in Italia. Tanto per dare un ordine di grandezza, oltre il 50% per il mais, il 65% per il grano tenero e l’80% per la soia. Così si è deciso prima di sospendere e poi di rimuovere una misura i cui benefici ambientali restano peraltro ancora da dimostrare.

I miliardi erogati dalla Pac agli agricoltori europei attraverso i due fondi destinati ad aiuti diretti e sviluppo rurale mirano, ricorda la Corte, oltre che ad assicurare un reddito adeguato ai produttori, la sicurezza alimentare e i mezzi di sostentamento nelle zone rurali, anche a difendere l’ambiente dai danni della crisi climatica, che ha ripercussioni dirette sulla produzione agricola, come gli eventi meteo estremi dimostrano sempre più frequentemente.

Fonte: Il Sole 24 Ore