Artride reaumatoide: la cura passa dalle terapie innovative e da una legge ad hoc

Le terapie innovative, a partire dai farmaci biologici, sono all’ordine del giorno e offrono sempre più speranze per una malattia come l’artrite reumatoide considerata fino a poco tempo fa non trattabile. E ora c’è anche una legge al Senato pronta a ripartire che punta a potenziare l’assitenza per chi soffre di patologie reumatologiche – di cui il 12 ottobre ricorre la giornata mondiale – che colpiscono almeno 5 milioni di italiani, di cui 734mila presentano le forme più debilitanti. Basti pensare a malattie come la sindrome fibromialgica, il lupus eritematoso sistemico, la sclerosi sistemica e appunto l’artrite reumatoide.

L’incidenza e la necessità di percorsi di cura personalizzati

Oggi incidenza dell’artrite reumatoide è di 2-4 nuovi casi per anno su 10mila adulti. Colpisce le donne più degli uomini con un rapporto di 3-4:1, e in una fascia d’età compresa tra i 40 e i 60 anni, in una età dunque in cui può avere un grande impatto per le persone che lavorano e hanno magari impegni familiari. Il paziente deve convivere tutta la vita con la malattia e i suoi trattamenti e l’aderenza alla terapia ha pertanto un ruolo fondamentale. Per questo il 79% è convinto che sia cruciale personalizzare i percorsi di cura dell’artrite reumatoide mettendo al centro il paziente-persona con tutti i suoi bisogni clinici, sociali e relazionali come rileva l’indagine condotta su pazienti e clinici che ha dato vita al Position Paper “Innovare la presa in carico della persona con Artrite Reumatoide: dagli unmet needs alla personalizzazione della cura” realizzato da Altems dell’Università Cattolica con il patrocinio di Anmar e Apmarr e presentato al Senato su iniziativa della senatrice Elena Murelli.

Le priorità dei pazienti e la legge al Senato

Tra le priorità ci sono l’identificazione precoce della diagnosi, la comunicazione tra medici di famiglia e reumatologi, la gestione efficace delle comorbidità e la riorganizzazione dei servizi di cura facendo dialogare meglio ospedale e territorio. Il 34% dei pazienti – second il report – ritiene di non aver ricevuto una diagnosi tempestiva, contro il 32% dei medici, mentre una quota significativa di pazienti (20,93%) esprime insoddisfazione, evidenziando una potenziale discrepanza tra la valutazione clinica e l’esperienza vissuta dai pazienti nella gestione delle comorbidità nell’artrite reumatoide. Quasi la metà dei professionisti sanitari (47,76%) ritiene che il rafforzamento della medicina territoriale possa migliorare significativamente la gestione dell’artrite reumatoide; ma solo una minoranza di pazienti (23,26%) percepisce come adeguato l’attuale supporto a livello locale. Punti questi che sono al centro di tre disegni di legge che proprio in questi giorni sono all’esame della commissione Sanità del Senato: tra questi quello a prima firma di Maria Cristina Cantù che tra le altre cose prevede l’istituzione di una rete nazionale delle patologie reumatologiche.

I farmaci biologici hanno cambiato la vita ai pazienti

Tante anche le novità dal punto di vista terapeutico come sottolinea Gian Domenico Sebastiani, direttore Uoc Reumatologia all’ospedale San Camillo e presidente della Società italiana di reumatologia (Sir): “Con i nuovi trattamenti farmaceutici si è aperto un orizzonte di speranza per i pazienti con artrite reumatoide”. Il trattamento della malattia, ad oggi, “si basa su immunosoppressori convenzionali come il metotrexato, che utilizziamo da 40 anni, efficace e funzionante in una certa percentuale di pazienti”. Ma a cambiare la vita del paziente, continua Sebastiani, “sono stati i farmaci biologici introdotti a inizio secolo. Immunosoppressori diretti contro specifici meccanismi patogenetici, che hanno rivoluzionato e migliorato moltissimo la vita del paziente”. Terapie in grado “di mandare in remissione la malattia e evitare l’accumulo di danno, che è irreversibile e principale causa di morbidità e comorbidità, di invalidità e mortalità”.

I nuovi farmaci antireumatici modificanti la malattia

Ulteriore innovazione, nel decennio successivo, è stata rappresentata “dalle piccole molecole tarteted-synthetic, farmaci antireumatici modificanti la malattia (Dmard)”, spiega il presidente Sir. “Farmaci diretti contro alcune citochine a somministrazione orale, che possono facilitare l’aderenza alla terapia da parte delle persone. Agiscono molto velocemente e altrettanto velocemente cessano di funzionare in caso sia necessaria una sospensione”. Fra questi rientrano “i Jak-inibitori: inibitori della janus chinasi, recettore della membrana che favorisce la produzione di citochine pro-infiammatorie”, evidenzia Sebastiani, che conclude: “Tanti farmaci sono stati sviluppati, e molti ne stanno arrivando. Un progresso significativo, un orizzonte di speranza buono per chi è affetto da una malattia considerata fino a poco tempo fa non trattabile”.

Fonte: Il Sole 24 Ore