Laura, Gianpaolo, Martino, i volti dei Neet in cerca della scossa

Laura ha 20 anni. Rifiuta lavori che considera noiosi o non gratificanti. Preferisce aspettare un’opportunuità che la soddisfi pienamente. Nel frattempo cosa fa? La Neet, acronimo che indica i giovani che non studiano e non lavorano, letteralmente Not in education, employement, training. Gianpaolo di anni ne ha molti di più, 35, ha lasciato il suo lavoro in nero a 500 euro al mese perché non vedeva più possibilità di crescita e si sentiva sfruttato. Adesso cosa fa? Anche lui il Neet. Martino, invece, a 26 anni, ha deciso che era ora di prendersi una pausa per risolvere problemi psicologici, cercando supporto psicoterapeutico per affrontare la stanchezza e l’ansia che lo bloccano. E così anche lui è entrato nel popolo dei Neet. Lisa, alla fine, a 23 anni, ha deciso di appoggiarsi al suo ragazzo. Convivono e lui, per ora, la sostiene economicamente. Continua a rifiutare lavori che non soddisfano le sue aspettative, in attesa dell’opportunità della vita. Anche lei è una Neet, come Sabrina che sente il bisogno di un recruiter che la aiuti a intraprendere un percorso di crescita personale e professionale.

L’angolatura nuova dello studio

Dei Neet sappiamo i numeri, la quota, ma non conosciamo i volti e questo rende difficile scuotere e forare una delle bolle più problematiche per il futuro del Paese. Le rilevazioni dell’Istat ci dicono che nel 2023 i Neet, considerando la popolazione di età tra i 15 e i 29 anni, erano il 16,1%. Con una quota più elevata tra le femmine, che sono il 17,8%, che tra i maschi, dove sono il 14,4%. Lo studio “ShakeTheNEET”, condotto da Kantar per la Fondazione Ico Falck in collaborazione con ITA2030 che sarà presentato oggi all’evento Job evolution del Sole 24 Ore, «è voluto andare oltre i numeri, cercando di analizzare il fenomeno da un punto di vista psicologico e motivazionale – ci spiega Valentina Meli, GenHub Lead di Kantar -. È una lettura che vuole integrare la narrazione attuale sul fenomeno che unanimemente riconduce le motivazioni a fattori economici, sociali e formativi del nostro Paese».

La community dei Neet

La ricerca ha studiato una community di 75 Neet, ognuno con la sua personalissima storia che spesso, a grandi linee, coincide con quella di altri. «Abbiamo identificato e analizzato le idealizzazioni, le aspettative, le barriere e i timori che i giovani Neet incontrano nel loro percorso verso l’ingresso nel mondo del lavoro – dice Meli -. Il nostro studio ha esaminato le motivazioni psicologiche che influenzano i Neet, compresi i loro rapporti con il lavoro e le loro aspettative per il futuro. E poi li abbiamo suddivisi in 7 segmenti tipologici per comprendere meglio le diverse dinamiche e tensioni che li caratterizzano».

I 7 cluster

Da acronimo (Neet) è nato un altro acronimo, Madei che rappresenta i 7 cluster in cui sono stati suddivisi i Neet. Madei sta per marginalizzazione, ansia, disillusione, entitlement, idea di lavoro. Così ci sono i Neet libertini, caratterizzati da spensieratezza e voglia di libertà, che vedono la condizione di Neet come un’opportunità per godersi la vita senza pressioni. «Tendono a valorizzare il tempo libero e le esperienze personali rispetto alla carriera. Spesso supportati economicamente dalla famiglia o da partner, non sentono l’urgenza di entrare nel mercato del lavoro», racconta Meli. Ci sono i disillusi che provano rabbia e rancore verso il sistema, con un atteggiamento di deresponsabilizzazione. Questi giovani hanno spesso avuto esperienze lavorative negative che li hanno demotivati e portati a una visione pessimistica del lavoro. Sentono di essere stati sfruttati o maltrattati e tendono a ritirarsi come forma di protesta. E poi i pretenziosi che hanno elevata autostima e consapevolezza dei propri diritti, accompagnati da un atteggiamento di entitlement. Si aspettano di trovare subito un lavoro che rispecchi le loro aspettative senza dover scendere a compromessi. Spesso rifiutano opportunità che considerano inferiori alle loro qualifiche.

Poi ancora i pit-stopper che si sentono sicuri e soddisfatti, utilizzando il periodo da Neet come una pausa riflessiva. Vedono questo tempo come un’opportunità per ricaricarsi e valutare con calma le loro prossime mosse. Non hanno fretta di entrare nel mondo del lavoro e preferiscono aspettare l’occasione giusta. I fragili invece soffrono di ansia, pessimismo e scarsa autostima, percependosi inadeguati. Hanno difficoltà a gestire lo stress e spesso si sentono sopraffatti dalle aspettative della società. Molti di loro hanno bisogno di supporto psicologico per superare le loro paure e insicurezze. Nel sesto cluster ci sono i ritirati, dediti e premurosi, «spesso rinunciano per necessità familiari, mostrando frustrazione ma anche desiderio di rimettersi in gioco. Questo segmento include spesso madri o giovani che si prendono cura di familiari malati. La loro priorità è la famiglia, ma desiderano comunque trovare un equilibrio che permetta loro di lavorare», spiega Meli. Infine i disorientati, dinamici e volenterosi, ma confusi e incerti su quale strada seguire, alternano momenti di ottimismo a sconforto. Hanno molteplici interessi ma non riescono a decidere quale perseguire. Questa indecisione li porta spesso a procrastinare o a evitare di prendere decisioni definitive.

Fonte: Il Sole 24 Ore