«Future planner», l’Università di Firenze scommette sui manager del cambiamento

Affrontare scenari di crisi e di cambiamento con occhi nuovi e pensiero libero, creativo, destrutturato: sarà la sfida del “future planner”, una nuova figura che l’Università di Firenze ha deciso di formare su stimolo della Fondazione Hillary Merkus Recordati, che ha assicurato il finanziamento e un premio finale di 50mila euro.

Il corso di alta formazione è rivolto a 20 tra laureandi e laureati magistrali in tutte le discipline, e tra dottorandi e dottori di ricerca dell’Università di Firenze, selezionati nelle settimane scorse. I giovani trascorreranno quattro fine-settimana (dal venerdì pomeriggio alla domenica mattina, entro il mese di dicembre) sulla montagna pistoiese, nel verde del Dynamo Camp, confrontandosi con due filosofi-facilitatori e tre docenti universitari (di economia, linguistica e sanscrito).

Non ci sono materie di studio, solo un approccio nuovo: «È un corso che non costruisce ma decostruisce», ha spiegato Roberta Lanfredini, professoressa di Filosofia teoretica e responsabile scientifica del progetto battezzato “Navigare il futuro”, presentato nell’aula magna dell’Università di Firenze. «È una “clinica di disintossicazione del pensiero” fondata sulla decostruzione: per partecipare servono flessibilità, voglia di mettersi in gioco e di elaborare nuovi paradigmi e scenari, pensando in modo libero». Non è un corso interdisciplinare – aggiunge Lanfredini – perché non ricerca luoghi comuni alle varie discipline; piuttosto è un corso transdisciplinare, perchè cerca un luogo “ulteriore” per incontrare altre discipline.

I partecipanti saranno divisi in quattro gruppi e alla fine quello che progetterà il testo, disegno o video che meglio attiverà il libero pensiero, sarà premiato dalla Fondazione Hillary Merkus Recordati con 50mila euro. «La Fondazione è intitolata a mia madre che amava l’arte e Firenze – ha spiegato il presidente Andy Bianchedi – e ha tra le proprie missioni quella di sostenere i giovani talenti e di investire nel futuro. Ma per intercettare i talenti bisogna muoversi prima che arrivino nel mondo del lavoro, per questo ho parlato con l’Università di Firenze, ed è nato questo corso».

L’Università ha definito la nuova figura da formare un “mediatore concettuale” capace di elaborare soluzioni nuove in scenari complessi, incerti, di crisi. Dovre potrà lavorare il future planner? In aziende private o in enti pubblici? Nel sociale, nell’industria o nella ricerca? «Più che dove lavorerà – ha spiegato Marco Pierini, prorettore al trasferimento tecnologico dell’Università di Firenze – credo che la cosa importante sia come lo farà. Mi aspetto che il future planner faccia le cose in un modo diverso, che abbatta luoghi comuni, che non si focalizzi sulla propria disciplina e si apra al mondo. La sfida è demolire la frase “si è sempre fatto così”».

Fonte: Il Sole 24 Ore