Ferrari, Prada e Gucci: brilla il lusso italiano nella classifica dei 100 Best Global Brands

«Un’immensa casa produttrice non solo di beni, ma anche di calore comunicativo»: questa era, secondo Jean Baudrillard, la “società dei consumi”, dove il valore di un oggetto era definito anche dalla sua capacità di amare e far sentire amato il suo consumatore. Questa sorta di energia che emana dai marchi è quella che da 25 anni viene misurata da Interbrand con un’accurata metodologia composta da valutazioni finanziarie e strategiche, e che dà vita alla classifica dei 100 Best Global Brands, i più importanti del pianeta in termine di valore, appunto.

Nella lista, che comprende tutte le industrie legate al consumo (si veda l’articolo in basso), pur non essendo i più numerosi (sono otto), i marchi del lusso segnano uno dei più alti aumenti settoriali di valore, pari al 7%, in ulteriore aumento rispetto al +6,5% del 2023. Louis Vuitton resta il primo marchio in classifica, all’11° posto e in salita di tre posizioni, mentre Hermès (n. 22) e Prada (n. 83) hanno fatto registrare due dei maggiori rialzi di quest’anno, con un valore del brand in crescita rispettivamente del 15% e del 14%, le crescite più alte del segmento lusso: «Prada conferma un trend molto positivo: ha registrato una crescita a doppia cifra dal 2021 – sottolinea Lidi Grimaldi, ceo della sede italiana di Interbrand -. Il suo essere un brand culturale lo distingue da altri player del lusso. La sua coerenza, l’affinità con le audience di riferimento, nonché una performance superiore nei risultati finanziari lo hanno portato ad essere tra i brand più performanti di quest’anno. Importanti sono state anche alcune mosse strategiche come le partnership con Adobe, Oracle, Adidas e Unesco».

Secondo anno in calo (del 10%) per Gucci, al 41esimo posto pur essendo il primo marchio italiano in assoluto e il primo marchio italiano di moda in classifica. L’ammiraglia del gruppo Kering sta continuando a investire nel suo nuovo corso, come conferma la recente nomina di Stefano Cantino a nuovo ad a partire dal 2025: «Lo scorso anno abbiamo registrato i primi segnali del momento di grande trasformazione che Gucci sta vivendo – prosegue Grimaldi -. Azioni di discontinuità rispetto al recente passato necessitano di tempo per essere metabolizzate dal mercato, soprattutto se lo stesso mercato dà segnali di crisi. Anche i risultati finanziari sono specchio di questa difficoltà. Nonostante questo rallentamento, Gucci resta una realtà di grande valore, che ha introdotto numerose innovazioni e dimostrato una forte capacità di adattamento e trasformazione».

Fra le migliori strategie adottate dai marchi del settore Interbrand inserisce l’estensione in senso lifestyle. È, per esempio, quello su cui sta puntando Missoni, che sta investendo con decisione sul real estate e l’ospitalità, ma è soprattutto la strategia di Ferrari, il marchio con la più alta crescita di valore in assoluto (pari al 21%) e che si colloca al 62esimo posto: a Maranello l’azienda offre ai visitatori anche l’esperienza del ristorante Il Cavallino, con piatti firmati da Massimo Bottura, e ha di recente presentato a Milano la sua collezione di abiti e accessori per la PE 2025 firmata da Rocco Iannone. Un’evoluzione percorsa anche da Louis Vuitton – che ha appena presentato la sua prima collezione di art de la table e nel 2026 inaugurerà il suo primo hotel a Parigi – ma che è naturale, forse semplice, solo in apparenza: «Portare il br+oprie audience e la capacità di evolversi continuamente per rimanere rilevanti in un mercato in rapida evoluzione», nota Grimaldi, che aggiunge come «i brand che hanno dimostrato chiarezza di direzione e capacità di coinvolgere le audience di riferimento in ambiti diversi, sono quelli che hanno mostrato maggior resilienza sul mercato». La crisi dei consumi che sta colpendo quasi tutti i player del settore, causata in gran parte dal rallentamento cinese, potrà colpire questo trend di successo dei marchi del lusso? «La Cina è un mercato cruciale e una contrazione della domanda potrebbe temporaneamente rallentare la crescita in termini di valore del brand, ma i più resilienti sapranno adattarsi entrando in nuovi spazi competitivi e soprattutto facendo leva sullo stretto legame con i loro consumatori».

Fonte: Il Sole 24 Ore