Verso lo stop alla proposta di ridurre l’orario di lavoro a parità di salario

La maggioranza, con emendamenti soppressivi, punta ad affossare in commissione Lavoro alla Camera la proposta unitaria presentata dai partiti dell’opposizione sulla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.

Il testo unificato dell’opposizione targato Pd, M5S e Avs che dovrebbe andare in Aula il 21 o il 28 ottobre, intende favorire la sottoscrizione di contratti collettivi di lavoro per definire modelli organizzativi che comportino la progressiva riduzione dell’orario di lavoro fino a 32 ore settimanali, a parità di salario, accompagnati da investimenti nell’ambito di formazione e innovazione.

Le reazioni dell’opposizione

Seguendo uno schema già visto in occasione della proposta dell’opposizione sull’introduzione del salario minimo legale, attraverso emendamenti soppressivi i partiti di maggioranza puntano a sopprimere la proposta dell’opposizione. «Non vogliono discutere di merito: semplicemente vogliono cancellare le nostre proposte», attacca Arturo Scotto (Pd), «è inaccettabile» aggiunge il leader M5S Giuseppe Conte «abbiamo presentato la proposta per la riduzione dell’orario di lavoro, e purtroppo c’è già un emendamento della maggioranza soppressivo».

Gli incentivi alle imprese

L’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali, ma i contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno. La proposta presentata dall’opposizione prevede, a sostegno dei datori di lavoro privati che sottoscrivono questi contratti, per i 36 mesi successivi all’entrata in vigore della legge, un esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, proporzionale all’orario di lavoro e fino al 30%, ad esclusione dei premi e i contributi spettanti all’Inail. Per le piccole e medie imprese, l’esonero è del 50%. Per lavori usuranti e gravosi, l’esonero sale al 60 per cento. Sono esclusi lavoro agricolo e lavoro domestico

Fonte: Il Sole 24 Ore