Uva da tavola, produzione in frenata ma l’export resiste e crescono gli acquisti al supermercato

Produzione in (leggera) frenata e prezzi più alti (sia quelli riconosciuti agi agricoltori sia quelli nei negozi) per l’uva da tavola, ma i consumi crescono e l’export tiene, almeno in valore. È in estrema sintesi la fotografia sul comparto tracciata da Ismea in occasione di Luv, la fiera dedicata al settore in corso a Bari (la Puglia è la principale regione produttrice).

Le informazioni raccolte da Ismea indicano per l’Italia una produzione di uva inferiore sia rispetto al 2023, a causa del calo delle superfici in produzione nelle principali aree (Bari, Barletta, Andria, Trani e Catania), sia rispetto al potenziale produttivo attuale, a causa della siccità o, al contrario, della peronospora (in genera associata alle abbondanti piogge).
Ma dal punto di vista della qualità «le uve presentano una colorazione e un contenuto in zuccheri ottimale».
«Negli ultimi anni le statistiche relative alle superfici investite a uve da tavola in Italia si sono assestate a circa 47.700 ettari – spiega il report – con una fortissima concentrazione in Puglia e Sicilia. I dati recenti evidenziano, tuttavia, una dinamica di sostituzione dei vecchi vigneti di varietà tradizionali con nuovi impianti per lo più di varietà apirene (senza semi, ndr). Gli scarsi risultati economici conseguiti nelle ultime campagne hanno incoraggiato molti agricoltori, infatti, ad espiantare le varietà tradizionali di uve con semi (Vittoria, Palieri, Italia, Red Globe), reimpiantando nuove varietà, in particolare quelle senza semi»

E quest’anno probabilmente sarà ricordato per il sorpasso di quest’ultima varietà sulla tradizonale. Complessivamente la disponibilità di prodotto è di circa 800mila tonnellate, il 98% garantito dalla produzione interna e il restante 2% dall’import. Il tutto in n un contesto in cui la produzione europea non è particolarmente abbondante, ma dove la Spagna prevede un raccolto superiore del 17% rispetto al dato medio 2019-2023.

L’export è atteso in contrazione a causa della riduzione dell’offerta, «ma i listini in forte aumento dovrebbero garantire un fatturato delle esportazioni in linea con quello record del 2023». «L’aumento dei prezzi medi da 1,55 a 2,14 €/kg ha determinato l’aumento degli introiti da 727 milioni di euro del 2020, a 821 milioni di euro del 2023» e «le previsioni relative al saldo della bilancia commerciale sono ottimistiche, in quanto, come accaduto nel 2023, l’aumento del prezzo all’export dovrebbe compensare la flessione dei volumi spediti», sottolinea Ismea.

Sul fronte prezzi l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare osserva come per lo stesso motivo l’attuale campagna commerciale veda una crescita dei prezzi all’origine (ossia al cancello dell’azienda agricola) sia rispetto al 2023 sia rispetto al prezzo medio del triennio 2021-2023; ma non mancano eccezioni per alcune varietà (ad esempio Vittoria) e alcune piazze che registrano variazioni negative.

Fonte: Il Sole 24 Ore