Ue-Mercosur, ecco perché crescono le speranze di un accordo

BRUXELLES – Si moltiplicano i segnali di un prossimo accordo politico di libero scambio tra Unione europea e Mercosur, nonostante la Francia continui a rumoreggiare. Il negoziato su una delle più sofferte intese commerciali sta progredendo in un contesto politico ed economico molto incerto. Se da un lato l’Europa ha urgentemente bisogno di nuovi mercati di sbocco per le sue merci, dall’altro si sta rivelando assai meno attraente di quanto non fosse in precedenza.

«La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha avuto incontri bilaterali con Argentina, Brasile e Paraguay a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite – spiega Olof Gill, un portavoce dell’esecutivo comunitario -. La riunione dei capi negoziatori, svoltasi dal 7 al 9 ottobre a Brasilia, è stata positiva e costruttiva». Il premier spagnolo Pedro Sánchez ha detto mercoledì che un accordo è «molto vicino».

Le trattative con il Mercosur (Argentina, Paraguay, Brasile e Uruguay) sono state tradizionalmente difficili. Un primo accordo, nel 2019, naufragò. I nodi in questi anni non sono mancati: vanno dalla paura latino-americana ad accettare regole ambientali molto esigenti al timore francese di mettere in difficoltà il proprio settore agricolo (si veda Il Sole/24 Ore del 31 gennaio). Ancora di recente il presidente Emmanuel Macron ha detto che il trattato allo stato attuale sarebbe «inaccettabile».

Una accelerazione c’è stata in questi ultimi mesi. L’Europa ha urgente necessità di accedere a nuovi mercati e a nuove materie prime, in un contesto di debolezza della domanda interna. Non è facile. L’attrattività europea è diminuita: l’economia non cresce e le norme ambientali sono troppo stringenti. Nell’agosto del 2023 a Nuova Delhi, alcuni partecipanti al foro delle imprese del G20 notarono come le aziende europee non godessero della stessa attenzione di quelle americane o asiatiche.

Non è un caso se gli ultimi accordi siano stati firmati con paesi che appartengono al fronte occidentale: il Cile, il Kenya, la Nuova Zelanda. Nel frattempo, sul versante opposto, il foro dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) sta suscitando sempre più interesse, anche se, nota un diplomatico, «non è chiaro se l’aumento del numero di paesi sia una cattiva o una buona notizia per l’Europa. Quanto più numerosi sono i membri, tanto più il gruppo perde omogeneità».

Fonte: Il Sole 24 Ore