La Vespucci arriva a Singapore: Made in Italy in passerella

Una città stato sempre più centrale nelle strategie di internazionalizzazione delle imprese e una porta spalancata verso i mercati dei Paesi la regione dell’Asia Pacific. È questa l’immagine di Singapore emersa ieri durante i due incontri organizzati dal Sole 24 Ore, in collaborazione con il ministero della Difesa e Difesa Servizi, all’interno del palinsesto di eventi del Villaggio Italia a Singapore, in occasione dell’arrivo nel porto più importante del Sud Est Asiatico dell’Amerigo Vespucci, la nave della Marina militare che – caso piuttosto raro nel settore della Difesa – è sempre più un simbolo del soft power italiano.

All’incontro, una tappa di avvicinamento al Festival dell’Economia di Trento, hanno preso parte i principali player del sistema Italia nella città Stato, dall’Ice alla Camera di Commercio, concordando sull’attrattività di uno dei Paesi più stabili dell’Asia.

A pochi giorni dalla decisione del governo britannico di offrire asilo politico a uno dei membri della principale dinastia politica di Singapore è stato inevitabile interrogarsi sull’impatto della vicenda. «Francamente – ha spiegato Federico Donato, già presidente di Assocham e Camera di Commercio – non vedo nessun problema all’orizzonte, perché c’è una classe dirigente formata, competente, capace che è stata costruita negli anni. E i risultati si vedono: questo è un Paese in testa ai ranking per governance e trasparenza».

Rispetto al dualismo con Hong Kong, che negli ultimi anni ha visto Singapore guadagnare posizioni grazie alle tensioni politiche nella ex colonia britannica, Donato ha detto di immaginare un futuro in cui Hong Kong continuerà a essere una grande città, ma cinese – con tutto ciò che questo implica – e «non più un avanposto in cui le aziende di tutto il mondo possono fare business».

Un ruolo ricoperto con efficacia da Singapore. In parte per la sua apertura internazionale e in parte grazie al fatto che la città Stato non ha mai rinnegato la sua vocazione manifatturiera, grazie alla quale ancora oggi genera ancora un 20% del proprio Pil. Un dato che si spiega nella scelta di puntare su industrie poco ingombranti, ma «strategiche e ad alto valore aggiunto come i semiconduttori – di cui controlla il 10% del mercato mondiale, contro il 7% dell’Europa – le biotecnologie e la farmaceutica», ha spiegato Donato.

Fonte: Il Sole 24 Ore