L’auto di proprietà resta un must. Brand cinesi in crescita

Nonostante un quadro economico globale incerto, il settore automotive sembra godere di una rinnovata fiducia dei consumatori. Mentre le vendite complessive nel 2024 hanno accusato una flessione a causa di fattori come l’inflazione e gli alti tassi d’interesse, i consumatori (particolarmente in Asia) esprimono un forte interesse per il futuro dell’auto, inclusi i veicoli elettrici (Ev). E manifestano maggiore fiducia e disponibilità ad acquistare. Non solo. La fotografia scattata dal Global Automotive Outlook 2024 di Simon-Kucher (società tedesca di consulenza globale), che ha coinvolto oltre 7mila consumatori in 15 Paesi, evidenzia che il 68% degli intervistati considera ancora il possesso dell’auto un elemento importante nella propria vita.

A cosa è legato il futuro dell’industria?

«Il prezzo – osserva Francesco Fiorese, partner e responsabile dell’ufficio di Milano di Simon-Kucher – resta in ogni caso un aspetto primario ed il budget preso in considerazione per l’acquisto è in calo: si può inferire che i consumatori si attendano auto con migliore value-for-money sia al momento dell’acquisto, ma anche poi in fase di utilizzo. Dalla manutenzione all’efficienza nei consumi». Dal lato dei produttori la rimodulazione della gamma punta a offrire «Ev più piccoli come strumento chiave per accelerare l’adozione dell’elettrico», mentre «il taglio di alcuni modelli termici, almeno in Europa, va letto in funzione del raggiungimento degli obiettivi di emissioni prescritti dalla Ue», chiarisce Fiorese. L’aspetto cruciale, per il futuro dell’industria, è legato proprio all’interesse per i veicoli elettrici: secondo l’Outlook sembra aver raggiunto un punto di equilibrio, con oltre il 60% degli intervistati (soprattutto giovani e consumatori asiatici) che li vede come il futuro, ma si aspetta una coesistenza di un decennio con le altre motorizzazioni.

In questo contesto, il fenomeno del momento è l’ascesa dell’auto elettrica cinese, che guadagna rapidamente terreno in molte parti del mondo, dal Sud-Est asiatico al Medio Oriente ad alcuni Paesi europei, Norvegia in testa. Nel complesso, l’intenzione di comprare un Ev varia significativamente da paese a paese. I mercati con la maggiore propensione all’acquisto sono Cina (89%), India (82%) ed Emirati Arabi Uniti (81%). L’Italia in un anno è scesa dal 57% al 51%. Anche se il 62% degli italiani prende in considerazione l’acquisto di un Ev cinese, contro una media globale del 55% (+8% sul 2023).

Per i produttori cinesi la strada non sarà in discesa

«I produttori cinesi hanno avuto una grossa crescita in Europa grazie ad una politica molto aggressiva. Tuttavia non si profila una strada in discesa». Da una parte c’è la spada di Damocle dei dazi, dall’altra la risposta dei «produttori già affermati». Quanto all’Italia, «la crescente disponibilità all’acquisto di veicoli cinesi, in particolare tra i giovani, è un fenomeno interessante». Anche se «il contesto attuale è caratterizzato da preoccupazioni legate agli incentivi, ai prezzi e ai costi di ricarica, che possono influenzare la decisione di acquisto». In sintesi, «l’aumento dell’interesse per i veicoli cinesi è evidente, ma ci sono ancora barriere significative da superare, in Italia. La strategia di penetrazione di alcuni produttori è ambiziosa e potenzialmente realizzabile, ma richiede un approccio strategico e investimenti sostanziali per affrontare un mercato europeo complesso e competitivo».

Sostenibilità e barriere culturali

Infine, il tema della sostenibilità scala posizioni. La transizione verso l’elettrico è vista, soprattutto dai più giovani e nei mercati asiatici, come una delle soluzioni più efficaci. Ma anche le forme alternative alla proprietà, come leasing e abbonamenti, stanno guadagnando terreno nei mercati occidentali. Un interesse alimentato proprio da fattori come sostenibilità, flessibilità e innovazione nelle infrastrutture. «Ma le aziende e le città – conclude Fiorese – dovranno lavorare per superare le barriere culturali e psicologiche che ancora influenzano le decisioni di mobilità».

Fonte: Il Sole 24 Ore