Georgia al voto con l’ombra ingombrante del Cremlino

Un altro voto alle porte dell’Unione Europea, dopo la Moldavia, un’altra posta in gioco altissima: Salome Zourabichvili, presidente della Georgia, ha descritto le elezioni parlamentari di sabato 26 ottobre come un referendum «esistenziale» tra Europa e Russia, tra libertà e schiavitù, democrazia e autoritarismo.

Ed è in modo così netto che molti elettori interpretano la scelta che dovranno compiere: votando per l’opposizione guarderanno all’Europa, sperando di rilanciare il percorso di adesione sospeso la primavera scorsa; votando per Sogno Georgiano, il partito al governo, si rivolgono invece verso la Russia, l’ombra che molti vedono dietro al partito e al suo fondatore, Bidzina Ivanishvili. «È il momento della verità, i georgiani dovranno decidere da che parte vogliono andare», sintetizza Josep Borrell, responsabile Ue per gli Affari internazionali.

Ma il risultato che inizierà a comporsi dopo le 20, alla chiusura dei seggi, rischia di essere più sfumato e più controverso: di prestarsi a diversi scenari, riaccendendo così la determinazione di parte dei georgiani di scendere in piazza, per farsi sentire. Se infatti l’ingresso nell’Unione Europea è un obiettivo condiviso dalla grande maggioranza delle persone – la percentuale è intorno all’80% – lo schieramento di opposizione che spera di scalzare Sogno Georgiano dopo 12 anni al potere è diviso in quattro movimenti; mentre Sogno Georgiano potrebbe invece confermarsi come il primo partito, e rivendicare il diritto a restare dove si trova. In programma, se riuscirà a ottenere la necessaria maggioranza costituzionale, Sogno Georgiano ha la messa al bando dei partiti di opposizione.

Un’eventualità che la piazza difficilmente accetterebbe senza protestare. Se nei suoi primi anni di vita il partito di Ivanishvili si professava europeista e al tempo stesso pragmatico, intenzionato a mantenere anche buoni rapporti con Mosca – Sogno Georgiano ha mantenuto il riferimento all’Europa nel proprio slogan – l’invasione russa dell’Ucraina ha innescato un brusco cambio di tono. In uno scenario in cui gli equilibrismi tra i due campi non sono più stati possibili, le mosse di Ivanishvili e del suo primo ministro, Irakli Kobakhidze, sono state interpretate come un’involuzione autoritaria per preparare la strada – superato il voto di oggi – a un chiaro riposizionamento della Georgia nell’area di influenza russa.

Il campanello d’allarme è suonato in primavera, quando il Governo ha fatto approvare una legge che marchia come “agenti stranieri” i media e le ong finanziati per più del 20% dall’estero: hanno l’obbligo di registrarsi al ministero della Giustizia come agenti «al servizio di interessi di potenze straniere». Una legge che la stessa presidente Zourabichvili – filo-occidentale ma con poteri limitati – ha paragonato al giro di vite contro il dissenso applicato in Russia dopo la stagione delle proteste 2011-12: l’approvazione della legge in Parlamento, malgrado le lunghe settimane di proteste e in parallelo ad altre restrizioni ai diritti LGBT, ha indotto l’Unione Europea a sospendere a tempo indefinito l’erogazione di aiuti alla Georgia e il processo di adesione, portando invece avanti quelli di Ucraina e Moldavia. Anche gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni contro rappresentanti del Governo.

Fonte: Il Sole 24 Ore